Page 203 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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ANNI TRENTA                                          203


                  A dispetto del forse insperato entusiasmo suscitato, Lala non riuscì tuttavia a capitalizzare
               i suoi proponimenti. L’incarico formale ottenuto venne di molto stemperato dalla precisazione
               verbale che gli studi inerenti i caschi blindati dovevano essere svolti «con la privata iniziativa,
               curandone la definizione con mezzi propri, fuori dal servizio, in ore diverse da quelle d’ufficio
               e senza intervento alcuno, diretto od indiretto, dell’Amministrazione Aeronautica. Questa, solo
               dopo presentazione del modello definitivo da sottoporre a collaudo, avrebbe provveduto a rim-
               borsare le spese documentate, fino alla concorrenza massima di L. 1.500». 290
                  Per questi motivi circa un anno dopo, in una nuova relazione Lala espresse tutte le difficoltà
               incontrate, non ultima proprio quella di trovare credito presso le ditte interpellate per la realiz-
               zazione dei campioni, poco intenzionate a collaborare in un progetto di fatto ufficioso, senza
               certa remunerazione e con un’aleatoria possibilità di future commesse. Per di più lo stesso uf-
               ficiale, dovendo seguire contemporaneamente l’ordinario lavoro d’ufficio e trovandosi spesso
               in missione fuori sede, incontrò rinvii e ritardi ai suoi più ottimistici propositi di raggiungere in
               tempi rapidi e certi risultati apprezzabili.
                  Nonostante  queste  difficoltà  non  ebbe  problemi  insormontabili nello  spendere  il  proprio
               unico nome e somme sue personali nel tentativo di rendere concreto il progetto di trovare un
               manufatto che potesse essere un buon compromesso tra resistenza e praticità. L’idea iniziale
               era quella di un copricapo fatto di maglie, di cui ognuno dei fili componenti veniva costituito
               da catene di acciaio cementato o in alternativa in acciaio inossidabile nichel cromo. Vennero
               impiegati diversi artigiani, che arrivarono a realizzare qualcosa di simile alle tuniche ferrose
               medioevali. I manufatti tuttavia non raggiunsero gli obiettivi sperati, anche se l’analisi di alcune
               fotografie di carri armati repubblicani, usati nel coevo conflitto spagnolo, confermarono all’uf-
               ficiale la bontà dell’idea di utilizzare maglie protettive come blindatura. Non migliore fortuna
               ebbe il tentativo di blindatura con sfere di acciaio incorporate in lastra di alluminio. Infatti una
               volta colpite, le sfere divenivano esse stesse dei nuovi proiettili, aumentando quindi il pericolo.
                  A seguito di queste esperienze, Lala arrivò a un concetto chiave della balistica contempora-
               nea: evitare superfici lisce, creare punti di contatto sfuggenti ed elastici, così da far disperdere la
               forza del proiettile o della scheggia verso la flessibile deformazione della blindatura. I materiali
               proposti furono i più disparati, tra cui: molle, tele bachelizzate e tessuti d’amianto, sempre però
               assemblati in una trama dispersiva, così da creare più strati e maggiore attrito. Se l’obiettivo
               era quello di non superare il chilogrammo di peso, il proposito di Lala era quello di proseguire
               i suoi studi, cercando di combinare le proposte sin ora solo ipotizzate, a condizione però che il
               Ministero riconoscesse l’impegno necessario; non fosse altro perché in completa autonomia – e
               senza garanzia di investimenti certi – nessuna industria offriva collaborazione molto a lungo. 291
                  Il ministro Valle si compiacque dell’operato dell’ufficiale,  che quindi proseguì nei suoi
                                                                           292
               studi. A differenza della premiata caparbietà di Lala, non miglior fortuna ottenne un altro uf-
               ficiale impegnato in quei mesi nell’arduo dilemma della protezione alla testa del personale di
               volo: Alfredo Micozzi, capitano ruolo assistenti tecnici del Genio aeronautico. Per completezza
               accenniamo a questi studi, che hanno prodotto due distinti modelli, di cui ci sono giunti anche
               dei singolari disegni. Anche qui l’obiettivo prefissato era quello di creare una protezione suffi-
               ciente, ma che non impedisse i movimenti nell’abitacolo del velivolo, indipendentemente dal




               290 Ivi, 1938, b. 19, f. Progetti “Caschi blindati”, Relazione del 6/6/1938 di Lala.
               291 Ivi, relazione del 6/6/1938 di Lala.
               292 Ivi, foglio 48146 del 2/8/1938 di Valle.
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