Page 31 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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PRIMA GUERRA MONDIALE 31
Modelli di imbottiture trapuntate
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sulla praticità di adottare tali materiali». Nel frattempo al 3 novembre erano stati consegnati
già 300 elmi e 65 elmi da trincea tra la 2ª e la 3ª Armata. A fine mese si arrivò ad aver distribuito
circa 1.400 elmi. 42
Il 15 novembre il vice capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Carlo Porro, avrebbe
disposto che «elmi e corazze devono essere impiegati assieme per operazioni rischiose e che
elmetti sono protezioni da trincee per osservatori, lavoratori, approcci e in genere per persone
che momentaneamente debbono sporgere testa da posizioni situate a breve distanze trincera-
menti nemico». Il 1° dicembre fu il generale Luigi Cadorna ad avvisare il colonnello Bertolé,
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comandante d’artiglieria della 3ª Armata, che da Forlì erano partite 200 cuffie seconda taglia
senza paranuca, mentre erano in allestimento altrettante con paranuca, oltre un numero congruo
di prima taglia con e senza paranuca. Si lasciava alla sperimentazione di reparto la decisione se
le successive richieste dovessero essere con o senza l’appendice per il collo. 44
Un documento del 21 gennaio 1916 anticipava una nuova distribuzione ai Corpi d’Arma-
ta della 3ª Armata di materiale Farina:175 elmi e 350 elmetti al VII; 100 elmi e 200 elmetti
al XIII, 135 elmi e 270 elmetti al XI; 100 elmi e 200 elmetti al X; 100 elmi e 200 elmetti al
XIV; 90 elmi e 180 elmetti a disposizione del comando d’Armata. Tutti i copricapi metallici
sarebbero stati guarniti di cuffie con paranuca. La relazione allegata metteva in evidenza la
superiorità dell’elmo e dell’elmetto da trincea Farina rispetto all’Adrian. Venne precisato pure
che il «caschetto francese al tiro a impatto normale viene sempre nettamente forato da distanze
non maggiori di quelle cui resiste invece l’elmetto Farina». Emergeva tuttavia il notevole peso
imposto, per il soldato esposto a particolari rischiosi compiti individuali, che però doveva saper
valutare quando farsi carico di questo grave onere: l’elmo «deve proteggerlo soltanto in quei
momenti in cui il pericolo che l’individuo affronta è tale che lo porta istintivamente e di buon
grado a tollerare il peso dello speciale copricapo». L’elmetto da trincea invece «deve servire
essenzialmente per essere temporaneamente indossato quando occorre che gli osservatori delle
trincee sporgano il capo dal ciglio delle medesime per scrutare sull’orizzonte avversario». Con
41 Ivi, foglio del 31/10/1915 di Bertolé.
42 N. Pignato (e F. Cappellano), Le armi della vittoria, op. cit., p. 27; A. Viotti, L’uniforme grigio-verde, op. cit.,
p. 85; A. Viotti, Uniformi e distintivi dell’Esercito italiano fra le due guerre 1918-1935, op. cit., tomo I, p. 16.
43 N. Pignato (e F. Cappellano), Le armi della vittoria, op. cit., pp. 31.
44 AUSSME, E1, b. 208, f. elmi Farina, telegramma del 1°/12/1915 di Cadorna.

