Page 40 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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40 I 100 ANNI DELL’ELMETTO ITALIANO 1915 - 2015
qualora presente, avrebbe garantito la tenuta sulla testa, oltre che protetto gli zigomi e la gola. 55
Nel gennaio del 1916 fu il turno di Antonio Bruno, la cui idea forse fu la meno peregrina
di tutte quelle pervenute in proposito all’Ufficio brevetti. L’inventore napoletano partiva da un
problema contingente e – come vedremo – lungi dall’essere risolto con soddisfazione: come
identificare il reparto sull’elmetto? Bruno aveva la risposta: non bisogna trovare un modo per
apporre il fregio sul copricapo metallico, basta inserire la protezione all’interno del berretto
d’ordinanza. L’idea recuperò il concetto delle primordiali cervelliere, ma riveduto e corretto.
Secondo l’ideatore: «Il berretto corazzato Bruno [per militari] è il tipo geniale costruito perché
ha la superiorità sugli altri per la sua leggerezza e la sua praticità ed efficacia. Esso è composto
di una corazza che si adatta nell’interno di qualunque berretto militare sia da ufficiale che da
soldato e resta completamente invisibile per il suo modo di costruzione. Si compone di una
scatola di lamiera di ferro a forma della testa, ricoperta con tre pezzi [di] lamine [d’]acciaio
che formano una intera copertura della scatola stessa». Le tre lamine riecheggiavano a tratti
l’elmo Farina, infatti: «A) Una copertura ovale piazzata al disopra della scatola con due chio-
detti a forma di vite. B) Un frontale movibile di acciaio mediante 2 viti laterali con due rosette.
Esso di rialza od abbassa a volontà, mediante due bottoncini zigrinati. Questo frontale, quando
sta alzato, entra internamente nel berretto rendendosi invisibile, mentre abbassato protegge
completamente la fronte e le tempie fino all’altezza degli occhi. C) La terza lamina è identica
al frontale descritto precedentemente ed agisce allo stesso modo, si rende invisibile quando è
alzato ed è fatto a forma che copre e protegge tutta la parte posteriore della testa fino alla nuca,
lasciando all’infuori le orecchie». Bruno garantiva l’estetica, il modesto peso (1 kg) e la como-
dità, visto che le lamine erano «imbottite con pelliccia bianca in modo da fornire per se stesso
un berretto eccellente per calore». L’unica misura in cui veniva costruito garantiva l’adattabilità
a ciascun giro di testa, visto che la scatola aveva dei supporti regolanti. In conclusione, secondo
l’inventore, i vantaggi erano lampanti: «protezione per la moderna artiglieria» e «non trasforma
il berretto di ogni singolo militare in modo che è facile conoscere l’arma alla quale appartiene.
Ciò che non si avvera con gli altri cappelli in uso». Chissà cosa avrà pensato colui a cui è stata
sottoposta questa invenzione. Sta di fatto che i vantaggi proposti da Bruno – col senno del poi
– si sarebbero rivelati irreali (protezione dall’artiglieria) o non barattabili (mantenere il berretto
con il fregio) con l’inevitabile laboriosità di realizzare un congegno meccanico così complesso
e alla lunga usurante per chi doveva indossare il berretto d’ordinanza con questa inusuale im-
bottitura al suo interno. 56
Nel maggio del 1916, quando già in Italia si stava procedendo alla produzione in proprio
degli elmetti tipo francese, fu la volta di Emilio Giampietro. L’inventore romano ebbe a capo-
volgere – e non solo metaforicamente – il concetto di protezione della testa. Egli asseriva che
l’elmetto, come veniva concepito all’epoca, era superato. La sua invenzione infatti prevedeva
«uno scudo destinato a sostituire i caschi, di cui è nota l’incomodità a causa del peso notevole
che deve essere sostenuto colla testa». Propose quindi «una piastra d’acciaio di forma e di-
mensioni adatte ed imperniata su due montanti da appoggiare sulle spalle». In questo modo «la
testa rimane riparata dai colpi nemici», ma non sopporta alcun gravame fisico, che può essere
quindi – a fronte di maggiore protezione – superiore a quello di un comune elmetto metallico,
perché caricato sulle spalle. Più nello specifico poi essa «sarà attraversata da forellini per per-
mettere la vista e terminerà alla periferia con un orlo concavo verso l’esterno per evitare che i
55 Ivi, Reg. Gen. 151335, Reg. Att. n. 178, Vol. 457.
56 Ivi, Reg. Gen. 152386, Reg. Att. n. 247, Vol. 455.

