Page 38 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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38 I 100 ANNI DELL’ELMETTO ITALIANO 1915 - 2015
Altrettanto curioso fu l’Elmo corazzato mobile della ditta Fratelli Andrei di Lastra a Signa in
provincia di Firenze, presentato il 2 novembre1915. In questo caso lo studio affrontò meglio la
tenuta balistica e nelle forme aveva una livrea abbastanza aggraziata.
«L’idea principale di questo elmo è quella di preservare la testa dei combattenti dai projetti
nemici, ed è basata sulla razionale sagoma data ad un copricapo metallico. Lo studio di tale
sagomatura ha portato ad avere il copricapo metallico foggiato in modo che, da qualsiasi parte
provenga un projettile, questo trovi sempre una superficie più o meno curva, sulla quale è ob-
bligato a slittare e quindi deviare.
Inoltre un sistema elastico di appoggio dell’elmo al capo del combattente, fa sì che l’elmo in
parola resti come sospeso sul capo stesso ed appoggiato in un sol punto, dimodoché un projet-
tile, urtando nell’elmo, non trova mai una resistenza rigida e fa invece oscillare l’elmo. Questo
movimento, unito alla sagoma speciale dell’elmo, fa deviare il projettile».
Dai disegni si evince che il copricapo era fatto a campana con una cresta perpendicolare,
che partiva dalla visiera e finiva sulla base del collo. Copriva la fronte, le tempie, la nuca, «ma
non gli occhi», come precisarono gli inventori. Mentre la curvatura complessiva della calotta
avrebbe deviato buona parte dei proiettili, al suo interno l’elasticità ergonomica era garantita da
una molla, fissata a un cupolino morbido imbottito, da poggiare sulla testa dell’utilizzatore. La
calotta poteva essere ricoperta da stoffa oppure verniciata. Chiudeva il tutto un sottogola che
«costringe tutto l’elmo a stare sul capo». 54
Ai primi di febbraio del 1916 fu il turno di Francesco Della Valle, che probabilmente brevet-
tò l’elmetto più grottesco del periodo: Casco invulnerabile a pareti multiple per la protezione
dei soldati. Il proposito espresso dal creatore romano era particolarmente ambizioso:
«La presente invenzione si riferisce ad un casco in lamiera di acciaio destinato alla protezione
dei soldati in tutte le operazioni di guerra in generale ed in modo speciale poi nella lotta di trincea
ed impegnati in speciali e pericolose missioni. Scopo di questa invenzione è di ottenere uno scher-
mo del capo, il quale possa resistere efficacemente all’azione perforante dei projetti di piccolo
calibro. Tale scopo è ottenuto con una costruzione e disposizione speciale delle diverse parti che
costituiscono questo casco e reso più efficiente dai speciali materiali usati nella sua costruzione».
Della Valle, partendo dalle livree degli antichi guerrieri, studiò un sistema modulare, compo-
sto da due caschi [C e C’], uno dentro l’altro, separati da uno spazio. Tale composizione avrebbe
dovuto attutire gli urti oltre che arrestare la penetrazione dei proiettili. Lo spazio poteva essere
riempito da «cotone o conglomerati formati da polvere di sughero, silice in polvere, cartone o
gomma elastica od altre sostanze atte a costituire fra le parti – C – e – C’ – un cuscino elastico».
Qualora l’agente esterno avesse perforato la calotta esterna, ormai privo di forza, sarebbe stato
fermato dalla seconda blindatura. Anche qui, come nel caso dei fratelli Andrei, era collocato
un anello di sughero, da poggiare sulla testa e che potesse garantire conforto e ventilazione alla
cute. Alcune cinghie di pelle avrebbero poi sostenuto il casco, così da incrementare la stabilità
e il ricircolo dell’aria, offerto anche da tubetti di gomma, che attraverso fori sfiatatoi attraver-
savano le due pareti.
Infine all’esterno la calotta era composta da una forma tale da presentare superfici sfuggevoli
alla direzione di tiro dei proiettili. Abbastanza antiquato era il ricorso a una serie di accessori:
un coprinuca, un coprinaso e un attacco a snodo, proteggi fronte e proteggi zigomi. Il sottogola,
54 Ivi, Reg. Gen. 152633, Reg. Att. n. 143, Vol. 455.

