Page 276 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
P. 276
impag. Libro garib CISM 19-02-2008 13:12 Pagina 258
258 IL GENERALE GIUSEPPE GARIBALDI
sta, nell’affidarmene (dei volontari) il comando... nella speranza di poter subi-
to concorrere col glorioso nostro esercito al compimento dei destini nazionali».
E il suo motto fu allora: «guerra e concordia!». Motto che non fu sempre
ascoltato.
Nel disegno delle operazioni come nella organizzazione dei volontari Ga-
ribaldi ebbe poca parte, perché, consigliato dal governo, rimase a Caprera fin
quasi alla vigilia delle ostilità, per non destare - si disse - allarmi prematuri
nella sospettosa diplomazia austriaca.
In verità non si comprende quella precauzione, mentre sin dal 6 maggio
erano stati indetti pubblicamente gli arruolamenti dei volontari e pochi gior-
ni dopo era stato anche diffuso per le stampe l’inno di guerra.
Secondo la relazione ufficiale italiana, intendimento di Garibaldi sarebbe
stato di sbarcare presso Trieste, occupare quella città e manovrare verso nord
sul rovescio delle Alpi Giulie e Carniche per impadronirsi dei passi che dal
Friuli conducono nelle valli della Sava e della Drava. Per considerazioni poli-
tiche e militari, il governo non aderì alla proposta, almeno pel primo tempo
delle ostilità; e Garibaldi, con un senso di disciplina che lo onora, accettò il
compito di operare nel Trentino. L’obiettivo toccava il suo gran cuore. Fino
dal 1859, subito dopo la guerra, egli aveva mandato ai Trentini un indirizzo
che per quelle generose popolazioni - gente da fatti più che da parole - era
una patente di patriottismo e di valore. «Il nome del trentino Bronzetti dure-
rà nella memoria dei posteri quanto i fasti gloriosi della nostra storia e sarà il
grido di guerra dei bravi Cacciatori delle Alpi nelle pugne venture contro gli
oppressori d’Italia».
Accettò, dunque, con entusiasmo il comando, limitandosi a richiamare
l’attenzione sulla necessità di provvedere alla difesa del lago di Garda per far-
sene una base solida al fine di poter prendere piede sulla sponda sinistra, fa-
cilitare il passaggio del Mincio all’esercito regolare ed assicurarsi il possesso di
quella regione collinosa, teatro di grandi battaglie. «A nessuno sfuggì la sag-
gezza di un tale consiglio - scrive il Chiala - ma la mancanza di tempo, la res-
sa e tante altre ragioni note o mal note impedirono di effettuarlo»; sicché il
dominio del lago rimase in mani austriache, contro le quali poco o nulla po-
tè la nostra scarsa e mal armata flottiglia.
«... Molto più si sarebbe dovuto fare - dice il generale Pollio - per allestire
mezzi d’offesa su quel lago, su cui avremmo dovuto esser vittoriosi fin dai pri-
mi giorni e che avrebbe dovuto essere il vero teatro della principale azione ga-