Page 276 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   sta, nell’affidarmene (dei  volontari) il comando... nella speranza di poter subi-
                   to concorrere col glorioso nostro esercito al compimento dei destini nazionali».
                      E il suo motto fu allora: «guerra e concordia!». Motto che non fu sempre
                   ascoltato.
                      Nel disegno delle operazioni come nella organizzazione dei volontari Ga-
                   ribaldi ebbe poca parte, perché, consigliato dal governo, rimase a Caprera fin
                   quasi alla vigilia delle ostilità, per non destare - si disse - allarmi prematuri
                   nella sospettosa diplomazia austriaca.
                      In verità non si comprende quella precauzione, mentre sin dal 6 maggio
                   erano stati indetti pubblicamente gli arruolamenti dei volontari e pochi gior-
                   ni dopo era stato anche diffuso per le stampe l’inno di guerra.
                      Secondo la relazione ufficiale italiana, intendimento di Garibaldi sarebbe
                   stato di sbarcare presso Trieste, occupare quella città e manovrare verso nord
                   sul rovescio delle Alpi Giulie e Carniche per impadronirsi dei passi che dal
                   Friuli conducono nelle valli della Sava e della Drava. Per considerazioni poli-
                   tiche e militari, il governo non aderì alla proposta, almeno pel primo tempo
                   delle ostilità; e Garibaldi, con un senso di disciplina che lo onora, accettò il
                   compito di operare nel Trentino. L’obiettivo toccava il suo gran cuore. Fino
                   dal 1859, subito dopo la guerra, egli aveva mandato ai Trentini un indirizzo
                   che per quelle generose popolazioni - gente da fatti più che da parole - era
                   una patente di patriottismo e di valore. «Il nome del trentino Bronzetti dure-
                   rà nella memoria dei posteri quanto i fasti gloriosi della nostra storia e sarà il
                   grido di guerra dei bravi Cacciatori delle Alpi nelle pugne venture contro gli
                   oppressori d’Italia».
                      Accettò, dunque, con entusiasmo il comando, limitandosi a richiamare
                   l’attenzione sulla necessità di provvedere alla difesa del lago di Garda per far-
                   sene una base solida al fine di poter prendere piede sulla sponda sinistra, fa-
                   cilitare il passaggio del Mincio all’esercito regolare ed assicurarsi il possesso di
                   quella regione collinosa, teatro di grandi battaglie. «A nessuno sfuggì la sag-
                   gezza di un tale consiglio - scrive il Chiala - ma la mancanza di tempo, la res-
                   sa e tante altre ragioni note o mal note impedirono di effettuarlo»; sicché il
                   dominio del lago rimase in mani austriache, contro le quali poco o nulla po-
                   tè la nostra scarsa e mal armata flottiglia.
                      «... Molto più si sarebbe dovuto fare - dice il generale Pollio - per allestire
                   mezzi d’offesa su quel lago, su cui avremmo dovuto esser vittoriosi fin dai pri-
                   mi giorni e che avrebbe dovuto essere il vero teatro della principale azione ga-
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