Page 280 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   Svizzeri il primato fra i tiratori d’Europa. Per di più erano formate in 4 mez-
                   ze brigate leggere, nelle quali l’unità tattica era la compagnia e si appoggiava-
                   no a baluardi naturali del suolo, contro cui poco potevano le baionette gari-
                   baldine, e ad un sistema di forti costruiti negli ultimi anni, a sbarramento del-
                   le principali vie di accesso. Per tal modo la superiorità numerica nostra, in
                   qualche momento più di imbarazzo che di utilità, era ampiamente controbi-
                   lanciata.
                      Quando, il 23 giugno del 1866, la guerra fu dichiarata, la dislocazione del-
                   le forze volontarie era la seguente:
                      6 reggimenti, 2 battaglioni bersaglieri, 1 squadrone guide, 1 batteria da
                   montagna sparsi nella Lombardia;
                      4 reggimenti, tuttora nelle Puglie; giunsero al fronte di guerra più tardi.
                      In tutto, Garibaldi aveva a portata del confine solo circa 6000 uomini con
                   una batteria da montagna.
                      In quel giorno col suo quartier generale a Salò, egli aveva lanciato avanti
                   parte delle sue forze sulla riva destra del lago di Idro, pronte a passare all’in-
                   domani con le teste di colonna il confine delle Giudicarie al ponte del Caffa-
                   ro e a monte Suello.
                      Infatti nella mattinata del 24 occupava monte Suello senza colpo ferire, e
                   ponte del Caffaro dopo aver respinto un furioso assalto nemico, durante il
                   quale si segnalarono per prodezza il trentino Bezzi ed il friulano tenente Cella.
                      Ma nella mattina del 25 giungeva a Garibaldi la notizia dell’infausta Cu-
                   stoza, con l’ordine di «coprire le principali città che, come la patriottica Bre-
                   scia, si trovassero esposte al nemico».
                      L’ordine ebbe pronta esecuzione: onde, la sera del 25, Garibaldi, sgombra-
                   ta la zone del lago d’Idro, aveva scaglionato i suoi sui contrafforti dall’estre-
                   ma punta occidentale del Garda ai poggi di Castiglione. L’allarme, per fortu-
                   na, fu vano: alla rapida ritirata dell’esercito di La Marmora fin sulla linea del-
                   l’Oglio e di quello di Cialdini su Modena e Bologna non corrispose una
                   pronta avanzata dell’arciduca Alberto, non ben persuaso, sul momento, dei
                   risultati di Custoza. Così, per quattro giorni, dal 27 al 30 giugno, i dieci o
                   undici mila volontari garibaldini restarono pressoché soli di fronte agli Au-
                   striaci. Ma il 1° luglio, visto che questi rimanevano ancora sulla sinistra del
                   Mincio e poiché gli erano allora giunti altri due dei reggimenti costituiti nel-
                   l’Italia meridionale, Garibaldi riprese la marcia verso il confine trentino. Gui-
                   dò di persona il 1° e il 2° reggimento e il I battaglione bersaglieri (Mosto); la-
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