Page 284 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   nel tempo stesso, girare alle spalle di Garibaldi, cadendo sul fianco dell’eser-
                   cito italiano. Ma il Guicciardi, saputo di questa avanzata per le due valli, pen-
                   sò di agire controffensivamente facendo perno sul Mortirolo; perciò ordinò
                   che, nella notte del 3 luglio, due compagnie del XLIV battaglione di guardia
                   nazionale e due del battaglione bersaglieri Castellini avanzassero sul Mortiro-
                   lo: concetto che rivela un non comune spirito di intraprendenza, ma che eb-
                   be appena un inizio di esecuzione per parte del Caldesi, fermo ad Incudine.

                      Il 4 di luglio ebbe luogo il combattimento di Vezza che costituì l’episodio
                   più saliente delle operazioni in Valcamonica.
                      La sera del 2, sotto una pioggia dirotta erano giunti da Breno a Edolo su
                   carri campestri i bersaglieri del II battaglione: di qui si trasferirono al campo
                   d’Incudine e dopo breve sosta si portarono più innanzi, al piccolo gruppo di
                   case di Davena. Le alture di sinistra (destra dell’Oglio) non erano state occu-
                   pate, né era stato vigilato il terreno boschivo dell’altra sponda; il I battaglio-
                   ne del 4° reggimento (maggiore Caldesi), con 2 pezzi, era sul torrente Dave-
                   nino dove sembra avesse deciso di tener testa. Tuttavia, la sera stessa aveva
                   mandato la sua 2ª compagnia (tenente Malacrida) ad occupare l’abitato di
                   Vezza, con l’incarico di prender piede sulle prossime alture; mentre più indie-
                   tro rimaneva, come in avamposti, il battaglione Castellini. Quella compa-
                   gnia, postata poco ad est di Vezza, al cimitero, ebbe nelle prime ore del 4 una
                   scaramuccia con una compagnia austriaca che, percorrendo la destra dell’O-
                   glio era giunta, in silenzio e di sorpresa, fino alla piazza del villaggio, pene-
                   trandovi dal lato opposto a quello guardato dai volontari. Intanto una parte
                   della colonna austriaca Albertini si avanzava a mezza costa del versante destro
                   dell’Oglio su posizioni dominanti da presso l’abitato di Vezza, e grosse pattu-
                   glie s’imboscavano nel terreno coperto di sinistra: il grosso seguiva a mezz’o-
                   ra di distanza. Il Caldesi, fermo forse nell’idea di far la difesa più arretrata,
                   mandò - oramai inopportunamente - l’ordine di sgombrare Vezza; ma l’ordi-
                   ne non fu comunicato al Castellini, il quale per un precedente colloquio col
                   Caldesi, poteva credere a tutt’altri propositi e che perciò rimandò avanti la
                   compagnia di camicie rosse, aggiungendole anzi una delle sue (Adamoli). Ma
                   era ormai troppo tardi per riprendere l’appostamento di Vezza, già in mani
                   austriache. Avvedutamente i bersaglieri tentarono di salire sulle alture: anche
                   qui erano ormai preceduti dal movimento iniziato fino dalla notte dagli Au-
                   striaci, che ora si erano spinti allo sbocco ovest del villaggio, appostandovi le
                   artiglierie. Il Castellini non esitò. Fece stendere le sue tre compagnie di cac-
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