Page 283 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                                                LA CAMPAGNA DEL 1866                      265




                      in Breno, a gran distanza dagli Austriaci. Garibaldi, informato dello stato del-
                      le cose, aveva mandato, come si è detto, un battaglione (maggiore Caldesi)
                      del 4° reggimento, a marce forzate da Bergamo a Edolo, seguito dal resto del
                      reggimento (tenente colonnello Cadolini) per agire di concerto agli ordini del
                      colonnello Guicciardi. Intanto però gli Austriaci, in 2000 circa, erano disce-
                      si dal Tonale il 26, e quando il battaglione Caldesi giunse il 28 ad Edolo, es-
                      si spingevano fino alle Prese in Valtellina e fino a Vezza in Valcamonica pat-
                      tuglie di ricognizione.
                         Ad onore di quelle popolazioni bisogna dire che la Valtellina aveva dato i
                      suoi uomini migliori all’esercito regolare, ai volontari e i suoi più valenti tira-
                      tori al II battaglione bersaglieri volontari, composto in massima parte di
                      Lombardi, Veneti e Trentini: di più vi era stato levato il XLV battaglione di
                      guardia nazionale mobile.
                         E, quasi ciò non bastasse, altri gruppi di armati avevano risposto all’appel-
                      lo dei sindaci: da Bormio, da Tirano, da Sondrio erano partiti altri uomini e
                      un drappello di tiratori affluiva a Tirano da Como. La difesa della Valtellina
                      occupava la buona posizione di Sernio a nord-est di Tirano; quella di Valca-
                      monica aveva il battaglione Caldesi ad Incudine sull’Oglio a pochi chilome-
                      tri da Vezza, dove era stato spinto il XLIV battaglione di guardia nazionale
                      mobile di 450 uomini «organizzati alla meglio». Un collegamento, per lo me-
                      no ideale, fra i difensori delle due valli a Tirano ed Edolo si era stabilito per
                      mezzo di montanari esperti attraverso il passo del Mortirolo. Ma il Mortiro-
                      lo non avrebbe dovuto avere solo questa funzione: avrebbe dovuto invece co-
                      stituire, insieme con il passo della Aprica, la zona sulla quale tutta la difesa
                      avrebbe dovuto imperniarsi, per assicurare il possesso della Valtellina e della
                      Valcamonica.
                         Essendosi ciò trascurato, la direzione delle forze avversarie era manifesta-
                      mente minacciosa.
                         Garibaldi ordinò di tener fermo in Valcamonica, dove, a Edolo, erano i tre
                      battaglioni del 4° reggimento: e vi avviò il II battaglione bersaglieri, ai quali
                      si aggiunsero, di fronte a Vezza, un 150 tiratori di Como, Chiavenna e Tira-
                      no, quasi tutti armati di carabine svizzere.
                         Il colonnello Guicciardi, pur sopravalutando la necessità di difendere la
                      Valtellina, si mostrò in tutto degno dell’improvviso compito affidatogli con
                      truppe ancor più improvvisate. Ed infatti in questo momento il generale
                      Kuhn aveva creduto di poter operare in Valcamonica con obiettivo Brescia e,
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