Page 288 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   a detta di coloro che gli furono più vicini - un singolare intuito a rilevare dal-
                   le carte l’aspetto plastico dei terreni e i loro rapporti reciproci. Questa dote,
                   non tanto comune allora nemmeno fra gli esperti, è anzi una di quelle che fa
                   dire ad uno dei suoi biografi «non esitiamo ad affermare che tra tutte le cam-
                   pagne combattute fino allora, quella in cui emerse maggiormente la potenza
                   geniale del nostro Capitano fu quella del Tirolo» (Guerzoni). Ma, purtroppo,
                   la genialità del capo, non presente come per l’innanzi, non bastava a provve-
                   dere alle manchevolezze di tecnica militare di alcuni dipendenti, fra le quali
                   comune a molti fu quella di non sapersi valere in giusta misura delle posizio-
                   ni laterali eminenti fiancheggianti le valli.
                      Nondimeno, dopo alcuni giorni di tasteggiamento, durante i quali ebbe-
                   ro luogo piccole scaramucce a Lodrone in val di Ledro e a Darzo, gli Austria-
                   ci abbandonarono la destra del Chiese, per concentrarsi più indietro tra Lar-
                   daro e Tione; e Garibaldi avanzò subito in val Chiese e in val d’Ampola, met-
                   tendo il suo quartier generale a Storo alla congiunzione delle due vallate. Il
                   generale Kuhn vide la minaccia e decise di opporvisi, mediante la marcia con-
                   centrica di più colonne miranti all’avviluppamento dei garibaldini fra Condino
                   e Storo per ricacciarli al di là del confine per manovra o per combattimento.


                      Fra le 7 e le 8 del 16 luglio gli Austriaci urtarono al ponte di Cimego con-
                   tro le avanguardie della Brigata Nicotera, spintasi troppo innanzi su per la val
                   Chiese, senza munire le alture circostanti. I volontari risposero bravamente al
                   fuoco del nemico di fronte, ma «in breve ora... assaliti da ogni parte, stipati
                   in una specie di pozzo, dall’alto del quale li saettava una grandine di palle, po-
                   sti nell’impossibilità di muoversi, nell’impossibilità di ribattere, anche i più
                   valorosi principiarono a balenare» (Guerzoni). Fu in questo momento che il
                   maggiore Agostino Lombardi «anima bresciana d’eroe» si slanciò con alcuni
                   animosi sul Chiese per trattenere una delle branche che minacciava di serra-
                   re irrimediabilmente i suoi fratelli d’armi; ma, appena superata la sponda, fu
                   colpito in fronte, mentre dei suoi valorosi compagni alcuni venivano trasci-
                   nati dalla corrente, altri abbattuti dalle carabine dei cacciatori austriaci. Il ma-
                   gnanimo ardire del maggiore Lombardi valse tuttavia a rallentare l’attornia-
                   mento nemico e a dar modo ai volontari di ripiegare «in iscompiglio ma non
                   in fuga», spalleggiati da rinforzi accorrenti da Storo e da Darzo e, più anco-
                   ra, rinfrancati dalla presenza di Garibaldi mossosi in carrozza al primo rumo-
                   re delle fucilate. Essi poterono ancora tener testa. Intanto, però, un’altra co-
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