Page 291 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
P. 291

impag. Libro garib CISM  19-02-2008  13:12  Pagina 273








                                                LA CAMPAGNA DEL 1866                      273




                      vuoi disperare ancora; ma nel punto in cui tenta far argine con la voce e con
                      l’esempio alla rotta e raccogliere intorno a sé un manipolo de’ più risoluti per
                      tentare un ultimo disperato contrattacco, una palla lo coglie al petto e lo stra-
                      mazza morto sul campo.
                         «In quel momento, circa le otto, arrivava da Tiarno Garibaldi. Era s’inten-
                      de in carrozza, costretto perciò a restare sulla strada, posto nell’impossibilità
                      di abbracciare da un punto eminente tutto il campo di battaglia. Pure quello
                      che non poteva vedere indovinò, e diede immediatamente i suoi ordini come
                      se tutta la situazione gli stesse spiegata innanzi sopra una carta. Menotti, con
                      quanto ha sottomano del 9° reggimento piombi da Tiarno sulla destra del ne-
                      mico; il colonnello Spinazzi sbocchi da Molina (sud-est del lago di Ledro) e
                      lo avvolga per la destra, il 7° reggimento e i rotti avanzi del 5° e dei bersaglie-
                      ri si slancino di fronte, e tutti insieme riprendano ad ogni costo Bezzecca,
                      chiave della posizione. Menotti, impedito dai sentieri torti e malagevoli, tar-
                      da a comparire in linea; Spinazzi, o ricevesse tardi o fraintendesse l’ordine,
                      non comparve affatto; gli Austriaci, frattanto, non solo si sono resi padroni
                      di Bezzecca, ma già sboccano dal villaggio, già coronano le alture circostanti
                      di artiglierie e si preparano ad un terzo e finale attacco contro l’estrema linea
                      garibaldina. Stringeva il pericolo: la strada di Tiarno è tempestata dai proiet-
                      tili nemici, e Garibaldi vi è il più visibile e cercato bersaglio. Le palle sibila-
                      no, guizzano, rimbalzano, ravvolgono in nembo di polvere la sua carrozza:
                      uno dei cavalli è già ferito, una delle guide a cavallo (Giannini) che lo scorta-
                      va è morto, i suoi aiutanti Cairoli, Albanese, Damiani, Miceli, Cariolato, Ci-
                      vinini gli fanno scudo de’ loro corpi, tentano di strapparlo da quel posto mor-
                      tale e salvare lui, se non è possibile salvar la giornata. Ma Garibaldi ha sul vol-
                      to la calma delle tragiche risoluzioni: la calma del Salto e di Calatafimi: «Là
                      si vince o si muore». Sordo ai consigli, insensibile al pericolo, tutto assorto
                      nelle peripezie della pugna, fa avanzare al galoppo la batteria di riserva ed or-
                      dina al maggiore Dogliotti, eroico in quei giorni, di convergere i suoi fuochi
                      principalmente su Bezzecca, additandogli egli stesso con colpo d’occhio mae-
                      stro la posizione più propizia...
                         «Però mi ci vorrà più di mezz’ora!» grida il bravo Dogliotti...»
                         «Fate più presto che sia possibile - esclamò Garibaldi - mi troverete qui vi-
                      vo o morto!». E le otto bocche da fuoco, stupendamente dirette dal Dogliotti,
                      producono tosto il loro terribile effetto; il nemico sfolgorato dentro Bezzec-
                      ca, ributtato sulla via dai bravi del 7° reggimento, ben presto colto di fianco,
   286   287   288   289   290   291   292   293   294   295   296