Page 296 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   ce, si era considerata, ma esclusa, tale azione, non volendo violare il Tirolo,
                   perché faceva parte della Confederazione Germanica.
                      Dopo quella campagna, prevalse dapprima il concetto che - in una nuova
                   e prevista guerra - convenisse assumere un atteggiamento difensivo, affidan-
                   do ai volontari la difesa del confine trentino.
                      In seguito, però, venne affermandosi il concetto opposto: agire offensiva-
                   mente, cioè, col grosso dell’esercito, o dal Mincio come volevano alcuni, o dal
                   basso Po, come volevano altri; in ogni caso, azione offensiva anche nel Tiro-
                   lo, affidata ai volontari. Il compito, che sarebbe stato dato quindi ai volonta-
                   ri, sarebbe stato ben diverso, a seconda del piano adottato: azione diretta a
                   fiancheggiare l’esercito, se questo avesse agito dal Mincio; azione diretta, in-
                   vece, a tagliar decisamente al nemico la linea di comunicazione del Tirolo, se
                   l’esercito regolare avesse attaccato dal basso Po. Ma allo scoppio delle ostilità,
                   si manifestarono le note divergenze fra i generali La Marmora e Cialdini sul-
                   la condotta delle operazioni, e di conseguenza anche indecisioni sui compiti
                   da affidare ai volontari verso il Tirolo; indecisioni che naturalmente si riper-
                   cossero sui concetti esecutivi del generale Garibaldi, che non sapeva se l’eser-
                   cito regolare avrebbe attaccato dal Mincio o dal basso Po.
                      La mancanza di idee ben chiare, circa le eventuali azioni da compiersi nel
                   Trentino, influì anche - e ciò fu più grave - sull’organizzazione stessa del cor-
                   po dei volontari, in quanto non fu determinato con precisione quale sviluppo
                   organico le sue unità avrebbero dovuto assumere. Non furono così commisu-
                   rate alle necessità le predisposizioni adottate per quanto si riferiva all’inquadra-
                   mento, all’equipaggiamento, ai servizi. Non solo, ma tutti i rifornimenti furo-
                   no affidati ad imprese private, che dovevano anche effettuare le distribuzioni
                   ai reparti; e poiché non furono istituiti magazzini avanzati, ma solo uno se ne
                   formò, a Brescia, e cioè molto indietro, i rifornimenti funzionarono malissi-
                   mo; causa non ultima questa, delle difficoltà incontrate poi nel muovere un
                   numeroso corpo in zona montuosa; e causa non ultima, anche, che venisse a
                   mancare la sorpresa pel nemico, in quanto questi, a conoscenza di ciò, veniva
                   a sapere che il grosso dei volontari avrebbe agito lungo la val Giudicaria.
                      Ad aumentare poi le incertezze, il capo di Stato Maggiore dell’esercito, ge-
                   nerale La Marmora, comunicava a Garibaldi il 19 giugno che gli affidava «fin
                   da adesso la difesa del lago di Garda e dei vari passi che dal Tirolo mettono
                   nella vallata lombarda» e che, rotte le ostilità, e di mano in mano che i volon-
                   tari si sarebbero completati in numero ed organizzazione, Garibaldi doveva
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