Page 295 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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LA CAMPAGNA DEL 1866 277
ribaldini, sono fattori che non potevano non avere una ripercussione assai
grave sulla condotta di Garibaldi.
Dalla stessa narrazione degli avvenimento appare un seguito di minuti epi-
sodi apparentemente slegati dei quali anche il più importante (Bezzecca) non
assume alcuna importanza nel quadro generale delle operazioni; occorre rav-
visare in questo una diretta conseguenza di quei fattori negativi ai quali din-
nanzi è stato fatto cenno.
Ed allora, nella parola «obbedisco» contenuta nel telegramma del 9 agosto
di Garibaldi (alla quale, del resto, fu degno riscontro il «sarà eseguito» nel te-
legramma dello stesso 9 agosto del generale Medici) non è solo da vedere un
atto, alto e significativo quanto mai, di disciplina, ma anche lo sfogo di un
soldato, dal grande cuore, che a missione finita, se non compiuta, tradisce -
e solo allora - la tensione dell’animo che da due mesi ha saputo tacere.
E sotto questa luce, forse, maggiormente si rivela la grandezza morale di
Garibaldi, che ha saputo sopire ogni passione, quando la Patria lo ha chiama-
to, ha saputo agire quando nessuno gli diceva
come agire, ed ha assolto un compito che nemico, terreno e mezzi dispo-
nibili rendevano oltremodo difficile.
La temerarietà, da lui dimostrata a monte Suello ed a Bezzecca, manifesta
quale fosse il suo stato d’animo; il suo ritorno sdegnoso a Caprera - dopo la
campagna - è forse più espressivo che non la parola «obbedisco».
Ha forse anche nuociuto a Garibaldi la fama, assai esagerata invero, del-
l’avversario che gli era contrapposto, il generale Kuhn.
Buon conoscitore della guerra in montagna, era questi; disponeva di trup-
pe addestrate e pratiche di quella particolare forma di guerra; era appoggiato
a fortificazioni e a magazzini ben predisposti ed era favorito dal terreno stes-
so, che nella zona di Trento gli consentiva i rapidi movimenti, lungo le natu-
rali depressioni e le numerose e buone comunicazioni, attraverso quelle cate-
ne e quelle valli ad andamento parallelo, che oltre confine costituivano inve-
ce elementi separatori per gli Italiani.
Nella realtà, anche il Kuhn dimostrò come il suo metodo, buono nella di-
fensiva quando era legato a tutto l’ingranaggio dei forti di sbarramento e dei
magazzini, scemasse di valore quando, passando all’offensiva ed all’improvvi-
sazione, doveva prevalere la genialità.
L’idea di operare nel Tirolo non era nuova; già nel 1848 i volontari lom-
bardi si erano spinti nelle Giudicarie, fin quasi presso Trento; nel 1859, inve-