Page 287 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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LA CAMPAGNA DEL 1866 269
Dopo il combattimento dei Bagni di Bormio, l’intelligente e ardito colon-
nello Guicciardi aveva vagheggiato e predisposto un movimento a più largo
raggio, per la cui preparazione campeggiò più giorni fra le eccelse montagne
di confine, e che fu stroncato dalla notizia del primo armistizio del 25 luglio.
«Quell’accolta di militi, di tiratori, di doganieri, di bersaglieri, di guardie
forestali, di carabinieri reali, di esploratori, di carbonai e pastori facevano re-
trocedere gli Austriaci dalle inospiti vette del passo dello Stelvio» e si presen-
tavano all’attacco «di posizioni di sbarramento da far cadere le braccia di
sconforto a truppe ben altrimenti armate ed ordinate». Quella accolta fu la
vera progenitrice delle nostre mirabili truppe alpine.
In Valcamonica, dopo il combattimento di Vezza, il 4° reggimento volon-
tari rimase di guardia a Edolo sino a che, il giorno 15, dal quartier generale
di Garibaldi gli veniva l’ordine di scendere sull’Oglio, fino a Cèdegolo e di là,
inerpicandosi pei disastrosi sentieri che separano la Valcamonica dal Trenti-
no, arrivato all’ingresso di vai di Fumo, rasentarla fino ai piedi del monte Ba-
gol, per calare quindi in valle di Roncone con obiettivo quel villaggio. L’ordi-
ne tendeva a portare quel reggimento sul fianco destro degli Austriaci nelle
Giudicarie; ma la imprecisione dei nomi e degli scopi e la mancanza delle gui-
de promesse, lasciarono incerto, non senza ragione, il Cadolini, il quale, giun-
to all’altezza delle nevi perpetue, privo di ordini e di notizie, soggiornò coi
suoi per sette giorni su quelle inospiti vette, ove i volontari rimasero lontani
da ogni luogo abitato, con i viveri ridotti a tenui razioni ed esposti a tutte le
intemperie dell’alta montagna.
La ritirata all’Oglio dell’esercito di La Marmora ed il mancato possesso del
Garda indussero Garibaldi al partito che, in quelle circostanze, pareva presen-
tare maggiori probabilità di buon successo: quello di una irruzione in Trenti-
no per le valli del Chiese e di Ledro, per salire le Giudicarie e la valle di Con-
cei in direzione di Trento. Ma lo spiegamento delle sue forze fra quelle stret-
te non poteva esser sollecito.
«In montagna non si vola» aveva avvertito egli stesso.
D’altronde, alla prontezza delle operazioni veniva a mancare il coefficien-
te principale: la presenza, anzi la onnipresenza, personale di Garibaldi il qua-
le, per la ferita di monte Suello, costretto per alcuni giorni in letto e poi a va-
lersi della carrozza, si ridusse a fidarsi delle relazioni dei suoi luogotenenti
(non tutti dotati del suo occhio d’aquila) e dello scarso sussidio di carte, che,
in regioni di montagna, poco dicono anche ad uomini come lui, che aveva -