Page 277 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
P. 277
impag. Libro garib CISM 19-02-2008 13:12 Pagina 259
LA CAMPAGNA DEL 1866 259
ribaldina... Era su quel lago... e in operazioni combinate sulla terra e sull’ac-
qua, che potevano davvero brillare il genio guerriero del nostro Duce popo-
lare, il valore e l’abilità tattica di parecchi antichi ufficiali della grande epoca
garibaldina, ed infine il coraggio impetuoso di migliaia di uomini maturi e di
giovani che bagnarono, invece, col loro sangue quell’aspro terreno sul quale
poterono avanzare con tanta lentezza e tanto stento».
Così pure nell’organizzazione e nell’ordinamento dei volontari Garibaldi
ebbe poca parte diretta. Il governo, per considerazioni politiche, tardò alla
chiamata pubblica di essi; ed equipaggiamento e addestramento ne risentiro-
no gli effetti: tanto più in quanto il governo stesso aveva calcolato su una af-
fluenza massima di soli 15.000 uomini. Su quale fondamento poggiasse un
calcolo siffatto non è ben chiaro; ma quasi certamente vi avevano influito le
prevenzioni, non del tutto ingiustificate e ancora persistenti, del generale La
Marmora, Presidente del Consiglio, sui pericoli di un possibile colpo di testa
di Garibaldi contro Roma ed il sospetto che, dopo il tentativo di Aspromon-
te, avrebbe potuto destare nell’animo dell’Imperatore Napoleone III, quando
appunto i Francesi, per effetto della Convenzione di settembre, stavano per
lasciare Roma. Certo è che, salito in una settimana il numero dei volontari al
doppio del previsto, fu necessario aggiungere ai due depositi di Como e Bari
quelli di Varese, Gallarate, Bergamo e Barletta, e portare i battaglioni da 20 a
40, con tutte le manchevolezze conseguenti. L’urgenza impedì ancora una ac-
curata selezione dei quadri di ufficiali, affidata ad una commissione mista di
deputati di fede garibaldina e di generali dell’esercito. Anche i comandi di
brigata, di corpo e i posti di ufficiale dello Stato Maggiore dei quali Garibal-
di aveva riservata a sé la scelta, non tutti poterono essere affidati ad uomini
che, pari al valore personale ed all’ardente patriottismo, avessero la indispen-
sabile pratica militare di comando, specie per una guerra di montagna. Il fio-
re dei generali e degli ufficiali superiori, provati nelle precedenti campagne
garibaldine, era passato all’esercito regolare; e mancava a parecchi la pratica
del maneggio delle truppe e l’ascendente per padroneggiarle.
Il Guerzoni dice: «non mancavano i buoni ed anche gli ottimi; ma la va-
langa dei mediocri, non senza mistura di pessimi, li soffocava». Il quadro è
forse a tinte troppo scure, perché in alcuni corpi ed in particolare nei due bat-
taglioni di bersaglieri militavano uomini elettissimi per nascita, animo ed in-
telligenza: deputati, letterati, nobili, ingegneri, avvocati, parecchi dei quali,
saliti di poi ai più alti uffici, furono soltanto caporali o tutt’al più sottufficia-