Page 140 - Il Controllo del Territorio - da Federico II di Svevia all'Arma dei Carabinieri
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peste e dalla fame. Le sue mura vennero spianate, gli abitan-
ti dispersi: secondo la tipica prassi medievale, però, appena
cinque anni dopo, erano di nuovo in grado di difendere la
città, minacciata dal poderoso esercito con cui Federico era
ridisceso in Italia, deciso a farla finita una volta per tutte con
i suoi irriducibili nemici, in particolare con Roma – perno
ideologico – e con la Sicilia – perno economico.
La fortuna dapprima lo favorì, consentendogli di assalire
persino San Pietro, ma improvvisamente gli si rivolse con-
tro. Una terribile e inarrestabile epidemia scoppiata tra le
sue truppe nella calura estiva lo lasciò, nel giro di pochi gior-
ni, praticamente inerme e alla mercé dei suoi tanti nemici.
Il rientro in Germania si trasformò, allora, in una disperata
fuga sostenuta soltanto dai propositi di una vendetta che,
nel maggio del 1176, parve finalmente a portata di mano. Il
29, infatti, le forze della Lega Lombarda si opposero a quelle
imperiali nei pressi di Legnano. Le due formazioni
si confrontarono in una battaglia combattuta fino allo stremo
da entrambe le parti. Dapprima sembrò che avessero la meglio
i tedeschi; la loro cavalleria pesante spezzò le prime file dei
lombardi, gettandoli nella confusione. Ma l’assalto dei tedeschi
dovette arrestarsi intorno al Carroccio, non riuscendo a infran-
gere la resistenza disperata di un pugno di eroi che difendeva-
no il punto centrale del loro schieramento […]. Federico cercò
invano di incoraggiare le sue truppe gettandosi in mezzo alla
battaglia con il suo abituale coraggio. Nella mischia […] ven-
ne disarcionato e sparì alla vista, in mezzo alla confusione e al
groviglio dei combattenti. La sconfitta dei tedeschi fu totale e
le loro perdite immense […]. Federico incontrò molta difficoltà
per raggiungere Pavia con il resto del suo esercito. Aveva com-
battuto e perso, e sarebbe stato folle pensare che i tedeschi lo
dirimere. Quel felice, quanto ormai insperato, esito dipese avrebbero seguito se avesse tentato una rivincita.
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dal semplice motivo che il nuovo sovrano era discendente
per parte materna dalla famiglia guelfa. Questa consangui- Fu giocoforza per l’Imperatore, a quel punto, sottomettersi
neità gli consentì, grazie anche alla durata del suo regno – all’autorità papale accettando, il 23 luglio del 1177, la pace, non-
ben 38 anni – di riunificare il residuo e dilaniato Impero. ché una tregua di quindici anni con la Sicilia e una di sei con
A contendergli, però, il dominio restavano disgraziatamente i Lombardi. Nonostante la residua diffidenza ben rappresen-
ancora almeno tre grossi nuclei di resistenza, emblemati- tata da quel modesto intervallo, i suoi rapporti con i Comuni
camente tutti concentrati in Italia: a nord i liberi Comuni lombardi conobbero un repentino vistoso miglioramento. Nei
lombardi, al centro lo Stato pontificio e a sud il Regno nor- giorni successivi al ritiro della scomunica, Federico si intrat-
manno. Quanto fosse temibile tale avversione ebbe modo di
sperimentarlo nel 1155, all’indomani della sua incoronazio-
ne in Roma, allorquando l’intera popolazione gli si scatenò
contro; tre anni dopo fu la volta di Milano e dei Comuni 26 U. BALZANI, Federico Barbarossa e la Lega lombarda, in Storia del
lombardi. La reazione imperiale fu violentissima e brutale. Mondo Medievale..., cit., vol. IV, pp. 896-97.
Crema, dopo un assedio protrattosi per sette mesi, fu data
alle fiamme nel 1160. Milano resistette più a lungo, ma nel In alto: busto in bronzo di Federico Barbarossa datato 1173.
Nella pagina a fianco: la Battaglia di Legnano di Amos Cassioli (1860), dipin-
1162 dovette capitolare, con la popolazione decimata dalla to conservato presso la Galleria di Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze.
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