Page 209 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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La 2 armata e Le operazioni di controguerrigLia in JugosLavia (1941-1943) 209
La dottrina tattica e le leggi di guerra
ebbene il Regio Esercito avesse una buona esperienza di combattimento contro for-
me varie di ribellismo e di guerriglia, a partire dalla lotta al brigantaggio nell’Ita-
S lia meridionale (1861-1870) per arrivare alle operazioni in Libia (1922-1931) e
in Etiopia (1936-1941), nel corpo dottrinale non era stato mai stato inserito un manuale
di controguerriglia e anche i piani di studio delle accademie e delle scuole militari dava-
no ben poco spazio alle operazioni di contro-insurrezione. Il tema era ritenuto peculiare
dell’ambito coloniale e non erano previste forme non convenzionali di combattimento in
un contesto europeo .
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Anche nelle riviste militari degli anni Venti e Trenta l’argomento fu poco trattato: si
ricordano solo due articoli di una certa importanza, apparsi entrambi sulla “Rivista Militare
Italiana” nel 1930 e 1937, oltre ad alcune recensioni di pubblicistica estera . Il primo, del
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tenente colonnello Angelo Ravenni e intitolato Cenni sulla guerriglia, dopo una breve ri-
costruzione storica del fenomeno della guerra per bande a partire dal XVIII secolo, parlava
delle operazioni coloniali come humus in cui la guerriglia costituiva “il modo veramente
caratteristico ed esclusivo di combattere degli indigeni”, e arrivava sino alle operazioni di
guerriglia dei serbi nel corso della Grande Guerra e alle misure prese dagli austro-ungarici
per reprimere il fenomeno. L’articolo metteva in risalto la particolare attitudine alla guer-
riglia maturata dai popoli balcanici nella secolare lotta contro i dominatori ottomani e le
caratteristiche di quel territorio - aspro, impervio e povero di linee di comunicazione - che
alla guerriglia ben si prestava. L’autore riportava un proclama alle truppe del feldmaresciallo
austriaco Potiorek sul contegno da osservare verso la popolazione serba nell’avanzata del
1914 che prevedeva misure estremamente dure dettate dall’esperienza bosniaca di qualche
anno prima: la popolazione era animata da un odio fanatico contro gli austriaci, ogni
sentimento di umanità era quindi dannoso, e si raccomandavano severità e durezza contro
chiunque, civili in primis, con l’uso illimitato della fucilazione.
Il secondo articolo, Guerriglia e controguerriglia, del maggiore Domenico Pace, dopo
un breve excursus storico sulle operazioni di controguerriglia condotte nei primi decenni
del XX secolo anche dall’esercito italiano in Libia e in Africa Orientale, si soffermava sulle
soluzioni adottate nel 1918 dagli austro-ungarici che, valendosi dell’esperienza degli alleati
bulgari, organizzarono delle contro-bande operanti secondo le stesse modalità d’azione
dei guerriglieri serbi. Secondo Pace, era infatti impensabile combattere delle formazioni
irregolari con reparti regolari di fanteria o di cavalleria e la controguerriglia andava affidata
628 Si veda la sinossi della Scuola di Guerra, 60° corso 1930-1933, Operazioni coloniali.
629 Da ricordare anche l’articolo del tenente colonnello Italo Caracciolo, Operazioni di controguerriglia
in Dalmazia (1869-1882), apparso sulla “Rivista Militare Italiana” del 1932, relativo alle insurrezio-
ni slave contro l’occupazione austriaca. Nel 1906, sulla stessa rivista, era apparso un articolo sulla re-
pressione dell’insorgenza tirolese e trentina del 1809 contro le truppe napoleoniche. Nell’articolo del
1928, Note sulle caratteristiche militari delle foreste carsiche, erano analizzate anche le possibilità opera-
tive della guerriglia in zone boscose.