Page 210 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 210
210 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
a unità speciali costituite da reparti di polizia (carabinieri, guardia di finanza, milizia con-
finaria) integrati da volontari, alle quali un’ampia dotazione di animali da sella e da soma
doveva garantire la necessaria mobilità .
630
In termini analoghi si espresse il generale Francesco Saverio Grazioli, una delle menti
più illuminate dell’ambiente militare italiano tra i due conflitti mondiali, in un articolo
dal titolo Guerra e guerriglia apparso nel 1942 sulla rivista “Nazione Militare”. E’ questo
l’unico saggio di un certo rilievo pubblicato dalla stampa specialistica nazionale sul tema
della controguerriglia nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Anche secondo Grazioli
occorreva contrastare le bande di insorti con formazioni speciali equipaggiate ed addestrate
al combattimento non convenzionale, in quanto “l’efficacia della controguerriglia sta tutta
nella leggerezza e nella mobilità dei suoi elementi di forza, sull’esempio stesso della guerra
di bande che si deve combattere”. Le colonne troppo pesanti non rispondevano a due
requisiti fondamentali, segretezza e rapidità, mentre “un battaglione autocarrato, costi-
tuito da compagnie ottimamente dotate di armi automatiche e da qualche pezzo leggero,
qualche autoblinda e qualche squadrone pur esso bene armato e su cavalli locali, capaci di
percorrere tutti i terreni” avrebbe rappresentato il modello ideale per “rompere con ogni
mezzo e con la più spietata energia ogni vincolo ed ogni connivenza fra popolazioni e ban-
de armate”. Ai comandanti dei gruppi di controguerriglia, da selezionare accuratamente
per ardimento e capacità, doveva essere lasciata la più ampia libertà d’azione e la possibilità
di costituire nel territorio di competenza basi logistiche ed informative.
Nel periodo tra le due guerre, se il tema della controguerriglia venne poco approfon-
dito, fu invece molto studiato quello della regolamentazione tattica dell’esercito jugoslavo
che, per ragioni storiche, aveva dato un notevole impulso al combattimento di guerriglia
ed alla lotta sovversiva e ne prevedeva l’utilizzo per sconvolgere la mobilitazione e la radu-
nata dell’avversario . Secondo le modalità operative previste, dopo aver raccolto tutte le
631
informazioni necessarie, i reparti speciali dovevano penetrare nelle retrovie nemiche senza
farsi notare nell’intento di ottenere il massimo effetto sorpresa, attaccando i punti sensibili
e causando il maggior danno possibile all’avversario.
Il servizio informazioni italiano riuscì ad entrare in possesso delle istruzioni riservate,
datate 1940, sull’impiego dei comitagi, le speciali unità composte da pochi elementi scelti,
accuratamente addestrati e selezionati, destinate a condurre azioni sovversive e terroristiche
dietro le linee nemiche. Queste direttive, emanate dallo Stato Maggiore jugoslavo e del tut-
to atipiche in quanto in aperto contrasto con le convenzioni internazionali , costituirono
632
630 Sempre secondo Pace le contro-bande, guidate da capi particolarmente audaci appositamente selezio-
nati, dovevano essere generosamente dotate di mezzi finanziari, per comperare la connivenza di ele-
menti locali, e poter contare su un adeguato supporto informativo. Una versione aggiornata di queste
tesi fu presentata da Pace nell’aprile 1944 al Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Repubblicano.
631 Sull’organizzazione e sui criteri tattici dell’esercito jugoslavo si veda in particolare il regolamento Ju-
goslavia. Notizie schematiche sull’ordinamento militare del Servizio Informazioni Militare edito nell’a-
prile 1935.
632 Comando del Corpo di Stato Maggiore, L’organizzazione e l’impiego dei “Comitagi” nell’Esercito jugo-
slavo, circolare n. 140 R del 4 marzo 1930.
Capitolo terzo