Page 213 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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La 2 armata e Le operazioni di controguerrigLia in JugosLavia (1941-1943) 213
nell’imminenza dell’invasione della Jugoslavia le informative sull’organizzazione di bande
irregolari si moltiplicarono. Il 1° aprile 1941 l’ufficio operazioni della 2ª Armata segnalò
la penetrazione in territorio nazionale di comitagi nella zona di Clana e alcuni loro agenti
furono anche catturati .
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La lacuna esistente nella normativa italiana sulle operazioni di controguerriglia fu col-
mata nell’ottobre 1942 dalla circolare riservata n. 36.000 dello S.M.R.E.-Ufficio Adde-
stramento, Combattimenti episodici ed azioni di guerriglia, che, nel tracciare un quadro
esauriente delle sue modalità operative, individuava le linee d’azione da seguire per con-
trastarla . Fu senz’altro tra i migliori regolamenti tattici prodotti dall’esercito nel corso
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del conflitto e, nel mettere a frutto le lezioni apprese in Africa prima e in Jugoslavia poi,
sarebbe risultata attuale anche in seguito . Particolarmente significativo era l’accento po-
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sto sulla necessità di un’azione di propaganda che, affiancando le misure di pacificazione
dei territori occupati, permettesse di ottenere il favore e la collaborazione delle popolazioni
nei confronti delle quali era imperativo evitare inutili e controproducenti vessazioni. Non
minore importanza veniva poi dato all’arruolamento di volontari nei villaggi meglio dispo-
sti nei confronti degli italiani, facendo leva anche sulle differenze di etnia e di religione,
con l’obiettivo di costituire una forza di auto-protezione alla quale affidare la difesa delle
comunità contro i partigiani. La stessa attenzione per gli aspetti di natura etnica e religiosa
doveva essere posta nell’organizzazione amministrativa e militare del territorio, in modo da
evitare l’insorgere di possibili tensioni. Fondamentale in questo discorso era l’attività infor-
mativa, da condurre soprattutto con l’infiltrazione di elementi fidati tra la popolazione e le
stesse bande ribelli, e non veniva dimenticata la minaccia che poteva essere portata fin nelle
più lontane retrovie da reparti regolari addestrati a operare con le tattiche della guerriglia
– primo fra tutti il Long Range Desert Group – e in grado di condurre azioni di sabotaggio
infiltrandosi dal mare o dall’aria, come lo Special Air Service e i commandos.
Nel descrivere obiettivi, finalità e modalità d’azione dei combattenti, la circolare sot-
640 aMedeo oSti Guerrazzi, L’Esercito Italiano in Slovenia 1941-1943. Strategie di repressione antiparti-
giana, Roma, Viella, 2011, p. 138.
641 Stralci della circolare n. 36.000 sono stati pubblicati e commentati da virGilio ilari, “Guerra di po-
polo”, “mobilitazione nazionale”, “rivoluzione”: tradizioni e contraddizioni delle Forze Armate italiane di
fronte alla resistenza in La cobelligeranza italiana nella lotta di liberazione dell’Europa, atti del conve-
gno internazionale (Milano, 17-19 maggio 1984), Roma, Ministero della Difesa, Comitato Storico
“Forze Armate e Guerra di Liberazione”, 1985, pp. 507-511.
642 La circolare n. 36.000 fu presa a modello dal primo manuale di guerriglia elaborato dai partigiani
delle brigate Garibaldi edito nel marzo 1944 col titolo Elementi di tattica partigiana (luiGi lonGo,
Sulla via dell’insurrezione nazionale, Edizioni di Cultura Sociale, 1954). Anche il Comando Contro-
guerriglia (Co. Gu.) ne prese spunto per produrre il regolamento tattico intitolato La controguerriglia,
diramato dall’Ufficio Operazioni e Addestramento dello Stato Maggiore dell’Esercito Repubblicano.
Il Co. Gu., inquadrato nello SME, si era costituito nel luglio 1944 con alle dipendenze il comando
CARS (Centro Addestramento Reparti Speciali), il comando RAP (Raggruppamento Anti-Partigia-
ni) e uno squadrone autonomo di cavalleria. Anche la pubblicazione n. 5378, Norme per l’organizza-
zione e la condotta della controguerriglia, edita dallo SME-Ufficio Addestramento e Regolamenti nel
1952, si ricollega alla circolare 36.000.