Page 215 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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              contatto con le formazioni guerrigliere in movimento o in stazionamento, evitando però di
              impegnare combattimento per non farsi scoprire. Al riguardo veniva ricordato che le bande
              si muovevano generalmente di notte o con tempo nebbioso, lungo itinerari poco battuti e
              lontano da villaggi e casolari, protette da uno schermo di sicurezza costituito da pattuglie
              distaccate sulla fronte e sui fianchi. Le loro modalità d’azione abituali erano l’imboscata
              ai reparti in movimento, l’attacco improvviso ai presidi isolati, il sabotaggio, con lo scopo
              ultimo di imporre l’iniziativa all’avversario e porlo di fronte a situazioni tattiche impreviste,
              tali da ingenerare incertezza e confusione, con la conseguenza di forti perdite in uomini e
              mezzi. I principi base erano lo sfruttamento del fattore sorpresa, da realizzare ricorrendo a
              ogni sorta di stratagemmi, la rapidità e l’irruenza dell’azione, la prontezza nel rompere il
              contatto in caso di difficoltà, la distribuzione delle forze su un fronte il più ampio possibile
              per ingannare l’avversario sulla consistenza della minaccia e contrastare eventuali tentativi
              di aggiramento, la massima mobilità, quale indispensabile presupposto per poter colpire
              l’avversario alle spalle o ai fianchi e far cadere nel vuoto le sue puntate offensive, il serrare
              le distanze per massimizzare l’efficacia dell’azione e non sprecare munizioni. Gli attacchi
              venivano sferrati normalmente di notte contro gli obiettivi fissi e di giorno contro le co-
              lonne in movimento, privilegiando i periodi di pioggia e maltempo quando la vigilanza si
              allentava. Nel caso di un abitato l’assalto era lanciato contemporaneamente dall’interno
              e dall’esterno, dopo averlo isolato interrompendo tutte le vie di comunicazione. Interna-
              mente agivano nuclei di sabotatori infiltrati in precedenza con compiti ben definiti, come
              tagliare le linee telefoniche e neutralizzare obiettivi sensibili quali posti comando, centri
              radio, postazioni di armi pesanti, mense ufficiali. L’azione dall’esterno veniva preparata con
              altrettanta cura, studiando l’organizzazione difensiva e i suoi punti deboli per individuare le
              zone meno sorvegliate e più defilate alla vista e al tiro. L’attacco a un convoglio contempla-
              va di solito la predisposizione di interruzioni sul suo itinerario per obbligarlo ad arrestarsi
              in zona battuta dal fuoco, e una disposizione delle forze tale da permettere di attaccare si-
              multaneamente la testa e la coda della colonna, tenendo un distaccamento pronto a lanciar-
              si sul grosso, e prendendo prioritariamente di mira gli ufficiali, gli autieri, i conducenti e i
              quadrupedi. I guerriglieri evitavano di impegnare combattimento sulla difensiva se non in
              situazioni eccezionali, per imporre all’avversario una battuta d’arresto e consentire al grosso
              di rompere il contatto o al contrario di contrattaccare con manovra aggirante. In tal caso si
              schieravano su un fronte molto ampio, con una forte riserva in posizione centrale, inviando
              nuclei sul tergo del nemico per tagliarne le comunicazioni e impedire l’arrivo di rinforzi.
                 Nell’azione di controguerriglia veniva prescritto di mantenere un atteggiamento ag-
              gressivo e di non lasciare l’iniziativa all’avversario. Nel caso di bande consistenti l’azione
              doveva concretizzarsi nell’occupazione delle posizioni tatticamente o logisticamente più
              importanti della regione infestata dalle bande o comunque oggetto di frequenti incursioni
              dai territori limitrofi, e nell’intervento di colonne mobili (gruppi o raggruppamenti tattici)
              allo scopo di agganciarle ed eliminarle. Quando invece ci si trovava in presenza di piccoli
              gruppi distribuiti su un territorio molto vasto, si doveva agire con l’impiego di reparti
              speciali in grado di operare con le stesse modalità del nemico, costituiti da unità regola-
              ri appositamente addestrate o da volontari locali. Questi ultimi erano una componente
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