Page 220 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Alla protezione della popolazione da eventuali rappresaglie dei ribelli, si doveva prov-
vedere sia con pattuglie distaccate nei villaggi, sia con l’intervento su allarme di reparti
celeri, senza trascurare la possibilità di farvi concorrere, con le dovute cautele, la stessa
popolazione.
Nelle operazioni di controguerriglia erano fondamentali i collegamenti. Il mezzo più
sicuro, e talvolta il solo utilizzabile, era la radio, ma potevano servire anche i sistemi di
segnalazione ottici regolamentari (razzi ed eliografi) e di circostanza (lanterne e fuochi), e
anche i velivoli avevano un ruolo importante per il collegamento tra le truppe e i comandi
potendo rilanciare le comunicazioni ricevute. Era questo solo uno dei possibili contributi
del mezzo aereo, in un elenco in cui figuravano la ricognizione a carattere preventivo, con
l’esplorazione a bassa quota degli itinerari di marcia, il mitragliamento e lo spezzonamento
di concentramenti di armati e di villaggi, sempre con notevoli effetti materiali e soprattutto
morali, il lancio di rifornimenti ai presidi isolati e l’evacuazione di feriti e ammalati.
Alla base dell’addestramento e dell’impiego della fanteria in operazioni di controguer-
riglia erano due pubblicazioni del Ministero della Guerra: la n. 3705 del 1939, addestra-
mento della fanteria, vol. II, Impiego e addestramento tattico, che dettava i criteri guida per
l’azione della squadra esplorante e si soffermava sul tema dei collegamenti, e la n. 3899 del
1940, Manualetto ad uso dei militari specializzati (l’esploratore, l’osservatore e l’informatore),
con una puntuale trattazione delle diverse tipologie di pattuglia (esplorante, di allarme, di
ricognizione, di vigilanza, di sicurezza, di collegamento tattico) . Nel 1943 lo S.M.R.E.
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integrò queste norme con una circolare relativa alla preparazione morale e tecnica dei mili-
tari addetti a servizi e compiti di retrovia, sempre più spesso chiamati a fronteggiare l’azione
di paracadutisti, sabotatori e guerriglieri .
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La circolare n. 36.000, in premessa, recitava che: “Ribellione e terrorismo che, connessi
o non ad azioni di guerriglia, mirino a turbare l’ordine costituito o a far violenza sulla
popolazione civile, richiedono sempre una immediata e severa repressione, attuata con
adeguate contromisure di competenza delle autorità responsabili.” Il tema della repressione
non veniva però ulteriormente sviluppato, rimandando la trattazione di questo argomen-
to ad altre pubblicazioni, prima fra tutte la circolare del Comando Supremo n. 4231 del
1942, Istruzioni relative all’occupazione dei territori nemici, approvata dal “Comandante
delle truppe operanti su tutte le fronti”, Ministro della Guerra e Capo del Governo, in data
3 dicembre 1941, con indicazioni precise sul comportamento da tenere nei confronti delle
popolazioni dei territori occupati. Nel Capo II, Misure di tutela delle forze armate occupanti,
erano indicate le misure che i comandanti potevano adottare per garantire l’incolumità
delle proprie truppe da eventuali attacchi della popolazione e per far rispettare il regime di
occupazione. In particolare ai punti 8, 14, 15, 16, 37, 41 e 42 era specificato che i territori
occupati erano zona di operazioni e che i comandanti delle forze armate occupanti dove-
643 Si veda anche il fascicolo XXII dell’ottobre 1932, Le pattuglie di fanteria della collana Manualetti di
tecnica e di cultura militare edita dalla rivista “Esercito e Nazione” con testo del tenente colonnello
Ismaele Di Nisio.
644 Stato Maggiore Regio Esercito - Ufficio Addestramento, Doveri del combattente lontano dalla linea di
contatto col nemico, circolare n. 5450 del 2 aprile 1943.
Capitolo terzo