Page 3 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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              Presentazione





                    Esercito Italiano, sin dall’inizio della sua storia si è trovato ad essere impiegato
                    in campagne di controguerriglia finalizzate a contrastare lo sviluppo di moti
              L’insurrezionali di vasta portata. Non era trascorso ancora un anno dalla fatidica
              data del 17 marzo 1861 che la situazione a sud del Tronto e del Garigliano, e cioè in
              una larga parte di quello che era stato il Regno delle Due Sicilie, si fece esplosiva. Il
              fenomeno del brigantaggio, endemico in quelle regioni, si sviluppò in forma del tutto
              inattesa coniugando il tradizionale malessere degli strati più poveri della popolazione
              con la delusione di molti per il permanere di uno stato di cose insoddisfacente anche
              dopo il cambio di regime e con i tentativi di rivincita, più o meno velleitari, orchestrati
              dalla dinastia borbonica con il supporto degli ambienti europei più reazionari. Fu una
              sfida dura ed impegnativa a cui però il Regio Esercito seppe rispondere adottando
              soluzioni specifiche che è ingeneroso ed ingiusto ridurre allo schema della terra bruciata
              e delle esecuzioni sommarie, tanto più che eccessi e brutalità non mancarono da ambo
              le parti. La guerra per bande era lontana dalle tradizioni di quella che fino a pochi mesi
              prima era ancora l’Armata Sarda, ma lo strumento militare seppe adattarsi alla nuova
              realtà e, favorito anche dall’evoluzione della situazione internazionale, riuscì in breve a
              ricondurre il brigantaggio alle dimensioni di un problema di ordine pubblico.
                 Più prolungato nel tempo anche se meno impegnativo dal punto di vista delle risorse
              impiegate fu lo sforzo per la “riconquista” della Libia. Nel 1915 la decisione, senz’altro
              corretta, di dare la massima priorità al fronte italo-austriaco ed alcune scelte non pro-
              priamente felici in termini di politica coloniale, avevano quasi annullato i risultati della
              campagna del 1911-1912 e della successiva espansione all’interno che nel giro di un paio
              d’anni aveva portato sotto il controllo italiano non solo le regioni costiere ma anche la
              quasi totalità della Tripolitania e della Cirenaica e larga parte del Fezzan. L’occupazione
              si era ridotta a pochi centri sulla costa, dove si ammassavano forze relativamente ingenti
              vincolate ad una difesa statica delle loro posizioni. Con queste premesse il problema
              della “riconquista” si presentava tutt’altro che semplice, implicando un totale cambia-
              mento di prospettiva e soluzioni che ben poco avevano in comune con le tattiche di tipo
              “lineare” che avevano caratterizzato il conflitto mondiale. La potenza di fuoco era certa-
              mente importante ma l’elemento caratterizzante doveva essere la mobilità del dispositi-
              vo, sostenuto nella sua azione da un’efficace attività di sorveglianza, di ricognizione e di
              intelligence. Nel corso di un decennio l’esercito italiano seppe far propri questi concetti
              sfruttando al meglio le possibilità offerte dalla neonata Regia Aeronautica ai fini di una
              elevata capacità di intervento e di controllo del territorio.
                 In un contesto ambientale ben diverso, quello etiopico, le soluzioni adottate videro
              ancora una combinazione di mobilità e potenza di fuoco, sempre con il concorso, spesso
              decisivo, dell’arma Azzurra, ma utilizzando in misura più significativa tecniche per la
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