Page 8 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           Tenenti e Capitani” ).
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              Ufficiali e Sottufficiali che compresero rapidamente come nella guerriglia ciò che
           contava, se si voleva prevalere, erano la flessibilità, la mobilità, la capacità intuitiva,
           un’incrollabile forza di volontà e una capacità di adattamento senza precedenti, per cui
           ad attacchi non convenzionali occorreva rispondere calandosi nel territorio e, soprat-
           tutto, nella mentalità dell’avversario. Lo storico Giorgio Rochat  in merito afferma:
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           “[...] La messa a punto e l’impiego efficace di questi strumenti eterogenei furono resi
           possibili dalla formazione di un gruppo di ufficiali coloniali sperimentati che attraver-
           so un lungo soggiorno in Libia imparavano a padroneggiare le tecniche di movimento
           in ambiente desertico e acquisivano una certa conoscenza delle popolazioni e della
           loro guerriglia. Da un punto di vista tecnico, le operazioni in Tripolitania negli anni
           Venti sono forse la pagina più brillante del colonialismo italiano (dopo la campagna
           del 1935-1936 contro l’Etiopia, condotta peraltro con uno straordinario spiegamento
           di forze); non si deve dimenticare la relativa debolezza dell’avversario, ma neanche
           sottovalutare le difficoltà dell’ambiente, che gli ufficiali italiani seppero brillantemente
           superare con l’utilizzazione di tutti i mezzi disponibili (e una durezza verso le popola-
           zioni consueta in tutte le guerre coloniali)”.
              Tra i principi individuati, ancora oggi attuali, vale la pena di ricordare la necessità
           di avere un rapporto numerico fra forze regolari e insorti assai elevato, l’uso di reparti
           permanentemente stanziati nella stessa zona, come forma di controllo della popolazio-
           ne e fonte d’informazioni (sistema francese del “quadrillage” ), di unità mobili (co-
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           lonne volanti) per esercitare una pressione permanente per non dare tregua agli insorti
           e ingenerare in loro un sentimento d’insicurezza (“commando de chasse” utilizzato dai
           francesi in Algeria ). A questi principi vanno aggiunti la necessità di un capillare con-
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           trollo dei confini, non solo terrestri ma anche marittimi e in seguito aerei (Balcani), e il
           ricorso al reclutamento locale. Qualsiasi movimento di guerriglia, infatti, per resistere
           deve avere a disposizione luoghi d’impunità (i cosiddetti “santuari”), di norma situati
           all’esterno del Paese interessato all’attività d’insorgenza, per cui ripiegare, recuperare le


              la capacità di un esercito tradizionale di adattarsi alle nuove forme di guerra introdotte dai Vietminh,
              divenne un forte sostenitore della guerra rivoluzionaria (denominata “la guerre moderne”), appresa
              combattendo in Indocina.
           17  roGer trinquier, Modern Warfare. A French view of Counterinsurgency, London, 1964, p. 92.
           18  GiorGio rochat, Le guerre italiane in Libia e in Etiopia dal 1896 al 1939, Udine, Gaspari, 2009, p.
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           19  Il sistema del “quadrillage” prevedeva la suddivisione del territorio in quadranti geografici da mante-
              nere sotto stretto controllo. Ciascun quadrante era assegnato a una guarnigione che forniva sicurezza
              all’interno dell’area attraverso un’organizzazione di posti fortificati, di una riserva e di pattuglie per lo-
              calizzare e intercettare gli insorti e, nel contempo, controllava la popolazione locale residente. L’emploi
              des forces terrestres dans les missions de stabilisation en Algerie, CDEF – Cahier de la Recherche Doctri-
              nale, 2006, pp. 30-31. Vaincre une Guérilla, pp. 24-26, CDEF – Cahier de la Recherche Doctrinale,
              2008.
           20  L’emploi des forces terrestres dans les missions de stabilisation en Algerie, CDEF – Cahier de la Recherche
              Doctrinale, 2006, p. 45.
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