Page 9 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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IntroduzIone 9
proprie capacità e, soprattutto, rifornirsi facilmente di armi e di munizioni .
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Nel 1930, il generale Rodolfo Graziani realizzò, similmente a ciò che faranno i
francesi in Algeria (Les barrages aux frontières) negli anni Cinquanta, un reticolato di
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270 km, vigilato con unità mobili e presidi fissi, sul confine tra la Libia e l’Egitto per
precludere ogni via di rifornimento e ostacolare il passaggio di viveri e armi. Le forze
locali, inoltre, conoscevano il territorio, il modo di pensare e di agire dell’avversario,
comprendevano meglio gli usi e costumi della popolazione e le sfumature sociali e tri-
bali (quello che è chiamato ora “human terrain”). Tale prassi, che iniziò con la lotta al
brigantaggio, in cui si utilizzò il Corpo della Guardia Nazionale per la difesa dei centri
abitati e per fornire guide ed esploratori alle formazioni dell’Esercito e dei Carabinieri,
fu ampiamente adottata nelle campagne coloniali – e in un secondo tempo nei Balcani
– attraverso la costituzione di reparti indigeni che ebbero un largo ed efficace impiego
nelle operazioni .
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La separazione della popolazione dagli insorti, al fine di privare i secondi del loro
ambiente, riflette il consolidato approccio di ogni campagna di controinsurrezione e
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non può essere considerata una novità introdotta dalla dottrina statunitense di questi
ultimi anni. Oggi cambiano le modalità d’azione ma i principi rimangono sostanzial-
mente gli stessi.
La possibilità di realizzare il “controllo” è riflesso, in linea generale, della combi-
nazione di due fattori specifici, la coercizione e il consenso: tanto più è elevato uno di
essi, tanto meno si necessiterà dell’altro.
La situazione attuale non consente come in passato di applicare drastiche e spes-
so brutali misure volte a trasferire forzatamente gli abitanti dai propri villaggi per
concentrarli in determinati luoghi posti sotto il controllo della forze regolari, come
effettuato da parte americana nelle Filippine (1899-1902), nel conflitto anglo-boero
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21 Il problema emerse già dalla lotta al brigantaggio con il confine pontificio, arduo da controllare per
la facilità con cui i briganti lo attraversavano, col favore delle autorità pontificie e degli aiuti forniti
dalla corte borbonica riparata a Roma.
22 L’emploi des forces terrestres dans les missions de stabilisation en Algerie, CDEF – Cahier de la Recherche
Doctrinale, 2006, p. 33.
23 doMenico quirico, Lo squadrone bianco, Milano, Mondadori, 2003. Il libro ripercorre il ruolo del-
le truppe indigene che, tra la fine dell’Ottocento e il 1941, hanno combattuto in Libia e nel Corno
d’Africa contribuendo in buona parte alle vittorie italiane.
24 douGlaS porch, Makers of Modern Strategy-Bugeaud, Galliéni, Lyautey: The Development of French
Colonial Warfare, “…as in guerrilla wars, the problem for Lyautey was to deprive the determined
handful of warriors of the support and sympathies of the non combatant population..”, Oxford, Ox-
ford University Press, 1986, p. 376.
25 “[...] Kitchener (Comandante delle truppe britanniche) comprese che per sradicare completamente
la guerriglia occorreva tagliare il “cordone ombelicale” che univa i Boeri ancora in armi alle fattorie
da cui traevano sostentamento ed aiuti. Svuotò i cmpi coltivati e i poderi dai bianchi che li abitavano
(erano solo donne, vecchi e bambini) e rinchiuse questi promiscuamente i campi di detenzione all’a-
perto, in genere vicino a un fiume per beneficiare dell’acqua potabile. Ordinò di dare alle fiamme le
fattorie, creando attorno ai guerriglieri terra bruciata, così che non potessero trarne cibo per sosten-