Page 346 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 346
346 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
Le norme tedesche di controguerriglia furono comunicate ed anche applicate dalle
grandi unità italiane che operavano in Russia sotto comando germanico. Prima il C.S.I.R.
e poi l’ARM.I.R. ricevettero, infatti, continue disposizioni dai tedeschi sui metodi di re-
pressione della guerriglia scatenata fin dal 1941 dietro le linee dell’Asse dai partigiani e
dai paracadutisti russi, che ricorrevano a sistemi di lotta non dissimili da quelli dei ribelli
balcanici. Come attuato dai tedeschi, si ricorse, così, a milizie di polizia reclutate tra gli ele-
menti locali per la difesa di villaggi, infrastrutture militari e vie di comunicazione, mentre
si costituirono plotoni cacciatori, sull’esempio degli jagdkommando, da impiegare per la
caccia alle bande di partigiani .
894
L’Esercito Italiano impiegò una divisione celere e reggimenti di cavalleria autonomi
nelle operazioni di controguerriglia in Croazia, Albania e Grecia. L’esperimento non fu
dei più felici per l’onerosità e la difficoltà del mantenimento di reparti montati in lunghi
cicli operativi lontani dalle basi stanziali. I cavalli si mostrarono poco idonei agli strapazzi
di protratte azioni di rastrellamento, subendo elevate perdite più per malattie e ferite acci-
dentali che in azioni di combattimento. Inoltre, la mobilità in terreni fittamente alberati
e scoscesi, caratteristici delle zone interne della Jugoslavia, dei reparti montati di cavalleria
lasciava alquanto a desiderare, tanto che dopo il triste epilogo della carica di Poloj, il Reggi-
mento “Cavalleggeri d’Alessandria” fu indotto a mettere a terra o ad autoportare parte dei
propri squadroni. Anche nei Balcani, quindi, si procedette nella progressiva conversione
dei reparti montati in motocorazzati, di rendimento sicuramente superiore nella difesa di
colonne in marcia e protezione di itinerari contro le imboscate dei partigiani . Nei rastrel-
895
lamenti in terreni impervi, inoltre, i cavalieri appiedati lamentarono la mancanza di armi di
sostegno a tiro curvo e di muli per il trasporto dei carichi ingombranti, tanto che si dovette
improvvisare l’impiego di cavalli da salma.
In Croazia trovarono impiego anche reparti bersaglieri (4° ed 11° reggimento), che ven-
nero rafforzati con una compagnia di mortai da 81, in considerazione dell’alto rendimento
di tali armi nel combattimento di guerriglia in terreni rotti e montuosi. I mezzi corazzati
ebbero un impiego crescente e nel 1943 erano considerati indispensabili non solo per la
scorta alle autocolonne, ma anche per appoggiare la fanteria nella difesa dei presidi o negli
attacchi a formazioni partigiane in campo aperto e terreno pianeggiante. Nonostante le
scarse prestazioni, sia per potenza di fuoco sia per mobilità sui lunghi percorsi o in terre-
ni particolarmente accidentati e boscosi, il carro leggero L3 trovò largo impiego a livello
plotone/compagnia, accompagnando la fanteria in tutte le principali operazioni di rastrel-
lamento. Questi reparti subirono forti perdite, anche per lo scoppio di mine, e i partigiani
894 Si trattava di plotoni volontari formati da 24 uomini armati di preferenza con armi automatiche di
preda bellica russa.
895 L’XI Corpo d’Armata si oppose alla ventilata sostituzione della Divisione “Granatieri di Sardegna”
con reggimenti di cavalleria adducendo le seguenti argomentazioni: “Reparti di cavalleria con caval-
li non costituiscono elemento di utile impiego per questo terreno e nella particolare condizione del-
la lotta contro i partigiani. Peraltro impiego reparti predetti hanno troppo poca forza disponibile in
quanto cavalli assorbono quasi totalità uomini. Qualora appiedati la forza effettiva può ragguagliarsi
a meno di un battaglione di fanteria per ogni reggimento”.
Capitolo terzo

