Page 342 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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342 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
di iniziativa, la ridotta combattività, la tendenza ad ancorarsi al terreno, la propensione a
puntare sulla potenza di fuoco piuttosto che sull’azione manovrata. Il maresciallo d’Italia
Emilio De Bono, in qualità di Ispettore delle Forze Armate delle Terre d’Oltremare, in me-
rito all’inquadramento dei reparti della 2ª Armata affermò nel giugno del 1941 che troppo
spesso gli ufficiali superiori non erano all’altezza del loro compito e che più validi erano gli
ufficiali subalterni con diversi mesi di campagna alle spalle. Inoltre, gli ufficiali superiori
non conoscevano le nuove armi della fanteria e avevano scarsa pratica nei collegamenti:
un inconveniente grave, “se si tiene conto che quasi tutti i maggiori e parecchi capitani
di fanteria hanno il comando di battaglione, comando che ogni giorno si manifesta più
difficile” .
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Un’ispezione condotta presso la 2ª Armata nell’aprile 1943 rilevò che: “I battaglioni
delle unità operanti, tutti o quasi tutti sono comandati da ufficiali superiori e spesso da
ufficiali inferiori di complemento. Nei gruppi d’artiglieria la situazione degli ufficiali in
servizio permanente è migliore. Recentemente, presso alcune unità della Supersloda si sono
costituiti i terzi battaglioni giunti dall’Italia: inquadramento: comandanti di battaglione:
capitani di complemento; comandanti di compagnia: sottotenenti di complemento. Uffi-
ciali superiori di complemento: scarsa capacità di comando; scarsa preparazione tecnica;
scarsa autorità, energia, decisione. Ufficiali inferiori in servizio permanente rarissimi presso
i reparti di fanteria. Ufficiali inferiori di complemento: deficiente capacità di comando; de-
ficiente preparazione tecnica; deficiente energia, poco equilibrio, serietà, volitività e autori-
tà; superficialità; poco tatto e comprensione; molto coraggio, spesso, però, incosciente” . I
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quadri non erano abituati ad agire d’iniziativa ma tendevano a seguire alla lettera gli ordini
superiori, spesso superati dagli eventi.
La lotta anti partigiana comportava un elevato tasso di logoramento delle truppe con
estenuanti marce, estenuanti cicli operativi vissuti all’addiaccio in terreni inospitali e in
condizioni igieniche precarie, lunghi turni di guardia e di vigilanza a infrastrutture fisse in
ogni condizione climatica . Il disagio era accentuato dalla scarsa cura dei comandi per il
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governo e il benessere del personale. Tranne pochi casi (“Granatieri di Sardegna”, “Sassari”,
“Taro”, “Pusteria”, “Taurinense”), le divisioni impiegate nei Balcani non furono avvicen-
date e rimasero quasi sempre in azione, con una crescente stanchezza fisica e psichica della
truppa, trattenuta per anni in zona d’operazioni, senza o quasi la possibilità di fruire di
periodi di licenza o di permessi, nella convinzione di essere abbandonata a sé stessa, in una
situazione in cui solo una ferita o una malattia potevano far sperare nel rimpatrio. Anche
le licenze erano ridotte al minimo sia per la difficoltà delle comunicazioni sia per la scarsità
degli effettivi. Diverso fu il trattamento riservato agli ufficiali, soprattutto a quelli di grado
più elevato, che nell’ambito della progressione di carriera ebbero normalmente la possibi-
879 Relazione n. 477 in data 1° luglio 1941, Ispezione in Slovenia, Croazia e Dalmazia, Ispettorato delle
Forze Armate delle Terre d’Oltremare.
880 Promemoria n. 2. Missione compiuta nel territorio del Supersloda (2ª Armata) Croazia – Slovenia – Dal-
mazia. 4-12 aprile 1943.
881 Gen. GiacoMo zanuSSi, op. cit., p. 252.
Capitolo terzo

