Page 339 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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La 2  armata e Le operazioni di controguerrigLia in JugosLavia (1941-1943)  339
                              a
              dell’armamento, dell’addestramento, dell’inquadramento e della spinta motivazionale, solo
              in minima parte compensate da una più vasta dotazione di mezzi corazzati, soprattutto
              ruotati e ferroviari che, seppur legati nell’impiego alle vie di comunicazione, seppero forni-
              re un valido ed apprezzato concorso nel frenare l’irruenza delle formazioni ribelli.
                 Così come accaduto contro sovietici e britannici, anche contro i partigiani balcanici
              la fanteria italiana evidenziò una carenza quantitativa e qualitativa di armi automatiche.
              La formazione organica elementare, la squadra composta di una ventina di elementi, di-
              sponeva di due soli fucili automatici (talvolta di uno solo, nelle formazioni territoriali e di
              seconda linea) Breda mod. 30. Quest’arma si rivelò una delle peggiori della sua categoria
              per le scarse prestazioni balistiche della munizione da 6,5 mm e per la macchinosità e
              delicatezza del congegno di alimentazione che limitava la cadenza di tiro e la rendeva fa-
              cilmente soggetta a guasti e malfunzionamenti. Diversamente dall’esercito tedesco e dai
              principali eserciti nemici, il Regio Esercito non disponeva a livello di squadra di mitra o
              moschetti automatici, che risultavano le armi più indicate per il combattimento a distanza
              ravvicinata. Il pur ottimo Beretta mod. 38A calibro 9 mm entrò in servizio in limitatissimi
              quantitativi solo a partire dalla fine del 1941 e le forniture privilegiarono i reparti speciali e
              non certo le grandi unità schierate nei Balcani.
                 I partigiani, invece, oltre ai fucili mitragliatori ZB26 in dotazione all’esercito jugoslavo,
              armi di ottima qualità e di buona efficacia, ricevettero in gran numero, tramite i riforni-
              menti paracadutati dagli alleati, ottime armi automatiche di costruzione britannica e statu-
              nitense . Le bombe a mano italiane avevano uno scarso potere esplosivo ed erano esclu-
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              sivamente a percussione. Dato il particolare sistema di funzionamento erano difficilmente
              impiegabili nella fitta vegetazione, all’interno di caseggiati e su terreno innevato o fangoso.
              Migliore era la situazione nel campo dei mortai, medi da 81 e leggeri da 45, che con il loro
              tiro arcuato si rivelarono la miglior arma di sostegno della fanteria, in particolare quello da
              81 che alla facilità di trasporto (poteva essere scomposto in tre carichi trasportabili anche a
              spalla per brevi tratti) accompagnava l’elevato potere esplosivo delle bombe. In molti conte-
              sti i mortai da 81 si rivelarono anche superiori alle artiglierie da 75, sia per efficacia sia per
              mobilità, nonostante una gittata massima (4 km) sensibilmente inferiore. Nel settore delle
              mitragliatrici, se le armi in linea erano abbastanza valide dal punto di vista della meccanica
              e delle prestazioni (Fiat mod. 35 e Breda mod. 37 in calibro 8 mm), lo erano molto meno
              per maneggevolezza e mobilità. A causa del loro peso venivano normalmente trasportate
              scomposte in due carichi, oltre alle casse di munizionamento, a dorso di mulo e non erano,
              pertanto, immediatamente impiegabili in caso di agguato. Solo per brevi tratti potevano
              essere trasportate a braccia da una squadra di non meno di 3-4 uomini.
                 Il Regio Esercito disponeva di ottimi cannoni e obici someggiabili (65/17, 47/32, 75/13


              874 Secondo un documento catturato Norme tattiche emanate dal comando gruppo partigiani Kordun e
                 Banja. L’impiego tattico del fucile mitragliatore, il fucile mitragliatore calibro 7,92 mm mod. 26 possie-
                 de una potenza di fuoco uguale a quella di una squadra poiché può praticamente sparare 200 colpi al
                 minuto; il tiro è più preciso di quello del fucile dato che esso è appoggiato su di un sostegno; è l’arma
                 automatica più leggera da portare. Pesa 8,840 kg. Date queste caratteristiche può essere impiegato in
                 tutte le azioni”.
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