Page 336 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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336 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
generale di quelle dell’Asse, in settori di responsabilità con seri problemi di coordinamento
non solo sul piano operativo ma anche su quello informativo per mancanza di una strut-
tura sopraordinata, quale avrebbe potuto essere un comando di gruppo d’armate che sarà
costituito solo nel 1943, quando era ormai troppo tardi. Nel corso delle operazioni anti-
partigiane condotte tra la seconda metà del 1942 e i primi mesi del 1943 le forze della 2ª
Armata e del governatorato del Montenegro, sviluppando la loro azione con un orizzonte
limitato al territorio di loro stretta responsabilità, non riuscirono a circondare, col concorso
tedesco e croato, le bande titine che agivano tra Croazia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro.
Così, dopo il fallimento dei cicli “Trio” e “Primavera”, con l’indebolirsi di uno strumento
militare sempre più a corto di rifornimenti, nel corso del 1943 gli italiani lasciarono l’ini-
ziativa ai tedeschi assumendo un atteggiamento sempre più passivo e disimpegnandosi dai
territori dell’entroterra. Col diminuire delle divisioni in organico alla 2ª Armata si ebbe
un progressivo ripiegamento verso la costa, con l’abbandono della seconda e della terza
zona della Croazia. I rovesci subiti ad opera delle forze di Tito in Erzegovina e in Monte-
negro nella prima metà del 1943 furono dovuti al mancato adeguamento del dispositivo
a una minaccia costituita ora da reparti partigiani di forza consistente e con una notevole
potenza di fuoco operanti non più con tecniche di guerriglia ma con quelle proprie del
combattimento convenzionale. I reparti italiani, dispersi in presidi della forza media di un
battaglione, furono così sorpresi dalle divisioni e brigate partigiane che, impiegate a massa,
avevano sempre una schiacciante superiorità numerica. La mancanza di riserve mobili di
Corpo d’Armata, pari ad almeno una divisione possibilmente motorizzata, da lanciare con
immediatezza contro le masse partigiane, fu pagata a caro prezzo. Nel 1943 le truppe della
2ª Armata, col morale sempre più basso per lo sfortunato andamento del conflitto, logo-
rate per l’intenso impiego e la mancanza di avvicendamenti, ormai faticavano a reggere il
confronto con formazioni partigiane sempre più numerose, agguerrite e ben equipaggiate.
Considerazioni d’ordine tattico-organico
Le divisioni di fanteria della 2ª Armata erano di due tipologie organiche: “normale”,
con la struttura anteguerra, e tipo 1941, da occupazione. Il primo tipo era articolato su
comando, 2 reggimenti di fanteria (3 battaglioni, batteria/compagnia cannoni d’accom-
pagnamento e compagnia mortai da 81), legione CC.NN. (2 battaglioni e compagnia
mitraglieri), battaglione mortai da 81, compagnia cannoni da accompagnamento, reggi-
mento artiglieria a traino animale (su 3 gruppi da 75 e 100 mm), compagnie genio artieri,
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compagnia genio trasmissioni, sezione fotoelettriche e reparti dei servizi logistici . Il tipo
interdica lo spostamento (flusso e riflusso) delle formazioni ribelli tra la fascia costiera ed il rimanente
territorio croato; 3) una serie di operazioni localizzate entro la zona della nostra attuale occupazione,
previa raccolta delle nostre forze in un certo numero di grossi presidi, fra i quali dovrebbero mano-
vrare truppe mobili per dare qua e là, dove siano individuate formazioni ribelli, qualche dura lezione
al nemico” (Appunto per il duce in data 13 gennaio 1942, Situazione in Croazia).
872 La “Granatieri di Sardegna” non aveva la legione della M.V.S.N.
Capitolo terzo

