Page 333 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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La 2 armata e Le operazioni di controguerrigLia in JugosLavia (1941-1943) 333
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Conclusioni
Riflessioni sulla politica d’occupazione
A partire dall’aprile 1941 uno dei principali impegni operativi del Regio Esercito diven-
ne il controllo dei paesi occupati nei Balcani, in particolare dei territori della ex-Jugoslavia.
Fu uno sforzo notevole che comportò sensibili perdite e l’impiego di vaste risorse umane
e materiali. Nel teatro jugoslavo, sebbene non decisivo ai fini dell’esito del conflitto, fu
schierato un numero di soldati superiore a quello degli scacchieri russo e nordafricano.
Nel febbraio 1942, a fronte di 114.000 uomini in Africa Settentrionale e dei 46.000 in
Russia, ve ne erano 237.000 in Slovenia-Croazia-Dalmazia. Nel corso del 1942 gli effettivi
sul fronte orientale e nel Nord Africa aumentarono considerevolmente, rimanendo, però,
sempre lontani dall’organico della 2ª Armata. Infatti, se nel settembre 1942 l’ARM.I.R.
aveva 217.000 uomini e il Comando Superiore FF.AA. “Libia” con Delease ne metteva
in campo 148.000, in Slovenia-Croazia-Dalmazia ne erano di stanza 245.000. La politica
di occupazione italiana dei territori jugoslavi fu caratterizzata da una disomogeneità di
sistema di governo e organizzazione statale da regione a regione, da porre in relazione alla
diversa forma di legame con l’Italia dei territori annessi o occupati. Si ebbero, così, un alto
commissario in Slovenia e un governatore in Montenegro e in Dalmazia, mentre nelle zone
temporaneamente occupate della Croazia e della Bosnia Erzegovina fu il comando della 2ª
Armata/Comando Superiore FF.AA. “Slovenia-Dalmazia” a esercitare il potere in collabo-
razione con i funzionari del governo di Zagabria. Tale intricata struttura di comando, di-
pendente direttamente dal Capo del Governo, o dal Ministero degli Esteri, o dal Comando
Supremo, non poteva che creare gravi scompensi e attriti tra le autorità politiche e militari
in merito ai temi del mantenimento dell’ordine pubblico e del trattamento delle popola-
zioni autoctone . Soprattutto in Croazia pesanti condizionamenti giunsero dall’autorità
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politica che si intromise sovente nell’azione di comando della 2ª Armata, costretta ad am-
pliare a dismisura il proprio settore di responsabilità, e mentre si faceva sempre più pesante
l’ingerenza di Berlino e Zagabria.
Se in altre regioni balcaniche i comandi italiani poterono operare in modo autonomo e
in piena libertà d’azione contro la guerriglia, almeno fino all’inizio del 1943, in Croazia, in-
vece, gli alleati croati e tedeschi condizionarono fortemente le operazioni della 2ª Armata.
Per tutto il 1941 l’azione italiana rincorse quella ustascia per puntellare e sostenere l’autorità
croata, gravemente compromessa dall’insorgenza cetnica e comunista. La sollevazione po-
polare nei territori della seconda e terza zona è da imputare in misura notevole alle violenze
ustascia che non terminarono nemmeno dopo la rioccupazione italiana dell’estate-autunno
1941. I generali italiani sul campo si resero subito conto della pericolosità del comporta-
mento croato, che appariva ostile all’Italia e ai suoi interessi al pari di quello delle bande di
insorti comunisti. I tedeschi, dopo essersi impegnati tra il 1941 e il 1942 soprattutto per
865 I contrasti fra potere politico e comandi militari contribuirono a dare l’impressione di una condotta
incerta e titubante minando l’autorità e il prestigio degli occupanti.

