Page 330 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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330 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
che erano stati inviati a dar manforte alle unità italiane operanti in Croazia. In quest’ottica
Robotti chiese anche di incrementare le dotazioni d’armamento della M.V.A.C., inferiori
a quelle delle bande comuniste, ben dotate di armi automatiche e anche di qualche lancia-
bombe. Roatta rispose evidenziando che le truppe d’occupazione in Slovenia - circa 40.000
uomini – davano un rapporto di un militare per ogni otto civili, compresi donne, vecchi e
bambini, ed ordinando di ridistribuire le forze in un numero inferiore di presidi, in modo
da recuperare truppe per costituire una riserva con cui far fronte alle diverse esigenze.
Promise però anche i complementi richiesti e il rientro dei reparti della “Macerata”, racco-
mandando infine di sostenere con ogni mezzo la M.V.A.C., moralmente e materialmente.
Robotti, così, fu costretto a raccogliere le sue truppe su posizioni meglio difendibili,
abbandonando parte del territorio ai partigiani, tornando a una situazione simile a quella
della primavera 1942, fatta eccezione per il contributo delle milizie collaborazioniste. Il
generale Gastone Gambara, che in dicembre sostituì Robotti destinato a sua volta a pren-
dere il posto di Roatta al comando della 2ª Armata, nella sua prima disposizione operativa
riprese alla mano il vecchio progetto del predecessore, tendente a bloccare il confine meri-
dionale della provincia per impedirne l’accesso alle temibili bande croate. Ordinò quindi di
procedere allo stendimento dell’ostacolo passivo a cominciare dalla regione dei Gorjanci,
mettendo a disposizione dei reparti della ”Isonzo” tutto il materiale disponibile, da recupe-
rare anche dalle linee fortificate ex-jugoslave.
Dall’inizio del 1943 da parte italiana ci si limitò ai rastrellamenti a breve raggio predi-
letti dal nuovo comandante dell’XI Corpo d’Armata. Gambara, infatti, in materia di con-
tro-insurrezione, si mostrava più favorevole al controllo statico del territorio che ad azioni
manovrate di grande portata come il ciclo “Primavera”, ideato e voluto da Roatta. I cicli
operativi di ottobre-novembre, infatti, secondo Gambara e Robotti avevano evidenziato la
scarsa efficacia dei rastrellamenti condotti con forze non schiaccianti in vaste aree boscose
e montuose nelle quali i partigiani avevano avuto buon gioco nel rompere il contatto con
le truppe italiane fuggendo in piccoli gruppi nei territori limitrofi non adeguatamente pre-
sidiati dalle forze dell’Asse. Si trattava anche di far riposare le truppe estenuate dall’intensa
attività operativa dell’estate-autunno appoggiandosi all’aviazione per bombardamenti di ri-
torsione contro incursioni ed attacchi partigiani. Solo a primavera ripresero i rastrellamenti
ad ampio raggio, ormai indispensabili per contenere la spinta partigiana.
In marzo Gambara chiese rinforzi a causa dei rinnovati attacchi dei partigiani, che ave-
vano inflitto gravi perdite ai reparti italiani e a quelli della M.V.A.C., soprattutto nelle aeree
a ridosso del confine con la Croazia. A Lubiana, invece, la situazione era migliorata anche
per fortunate azioni di polizia, svolte con la partecipazione di agenti volontari sloveni, che
avevano consentito di eliminare un buon numero di terroristi o simpatizzanti comunisti.
L’azione di Gambara nel corso del 1943 fu tesa a rasserenare gli animi nei rapporti sia col
potere politico sia con la popolazione attraverso un allentamento delle misure restrittive.
Il comandante dell’XI Corpo d’Armata recuperò i rapporti con l’Alto Commissario che,
sotto Robotti, erano giunti ai limiti della rottura. In una riunione al comando d’Armata nel
marzo del 1943 Gambara giudicò “ottime le relazioni con Grazioli, improntate al massimo
spirito di collaborazione. […] confermando che le cose sono completamente cambiate,
Capitolo terzo

