Page 325 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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La 2 armata e Le operazioni di controguerrigLia in JugosLavia (1941-1943) 325
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mente autorizzati dal comandante di Corpo d’Armata al pari di attività operative quali po-
sti di blocco, rastrellamenti e sbarramenti.
Nel febbraio del 1943 erano operativi 3 battaglioni M.V.A.C., ciascuno di 4 compa-
gnie, e numerose compagnie autonome, con una forza totale di 5.153 uomini. I battaglioni
disponevano di qualche arma automatica, di norma una dozzina tra mitragliatrici e fucili
mitragliatori. In luglio l’organico della M.V.A.C. fu ulteriormente potenziato, portandolo
a una forza di 6.131 militi, peraltro armati quasi soltanto di fucili e pistole potendo dispor-
re in tutto di appena 18 mitragliatrici e 108 fucili mitragliatori. Il numero dei volontari
è però particolarmente significativo se rapportato al fatto che, secondo le informazioni in
possesso dell’XI Corpo d’Armata, gli sloveni provenienti dai territori occupati da italiani e
tedeschi inquadrati nelle formazioni partigiane non erano più di 1.800 . Nell’estate del
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1943 il rapporto di forza tra gli sloveni della provincia di Lubiana alle armi nelle file del
volontarismo nazionalista-cattolico e del movimento partigiano-comunista era di 4 a 1 .
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La costituzione della M.V.A.C., ordinata da Roatta nel giugno 1942, fu un notevole suc-
cesso delle forze d’occupazione in quanto consentì di spezzare il fronte della resistenza, ali-
mentare la guerra civile scatenata dai comunisti e soprattutto risparmiare sangue italiano .
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In Slovenia, il movimento cetnico ebbe un ruolo marginale, soprattutto in campo ope-
rativo, ben lontano da quello avuto dalle formazioni legate a Draza Mihajlovic in altre zone
della Jugoslavia. I cetnici sloveni furono alleati ancora più infidi dei cetnici montenegrini,
in quanto non s’impegnarono più di tanto contro i partigiani, con i quali, all’opposto, si
abboccarono più volte, risparmiandosi in attesa degli sviluppi della situazione politico-mi-
litare nei Balcani. La loro adesione alle bande belagardiste ebbe soprattutto lo scopo di as-
sicurarsi il sostegno logistico italiano e di fare azione di propaganda e proselitismo tra i cat-
tolici anticomunisti. Piuttosto deboli nel 1942, le bande cetniche si rafforzarono nel corso
del 1943, grazie anche agli aviolanci di rifornimenti richiesti da agenti britannici che ope-
ravano al loro fianco, tanto che il comando dell’XI Corpo d’Armata istituì un “ufficio cet-
nici” incaricato della loro direzione e controllo . Il principale esponente dei cetnici slove-
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ni fu Novak, un ex-ufficiale dell’esercito jugoslavo che, pur mantenendo un atteggiamento
ambiguo nei confronti delle forze occupanti, non rivolse mai le armi contro il Regio Eser-
cito. Di contro le autorità italiane ne tollerarono l’attività, accontentandosi che non facesse
causa comune con i comunisti.
La politica di occupazione nell’inverno 1942-1943, dopo la conclusione degli ultimi
cicli operativi del piano “Primavera”, prevedeva un estensivo ricorso ai presidi fissi, anche
in relazione alle difficoltà di movimento causate dalla stagione. Le operazioni mobili avreb-
855 La forza complessiva delle bande partigiane era di parecchie migliaia di unità considerando anche i
ribelli provenienti dalle altre regioni della Jugoslavia, soprattutto Bosnia e Croazia.
856 Sul carattere volontario delle adesioni alle formazioni M.V.A.C. come a quelle partigiane è lecito ave-
re qualche riserva in considerazione dei casi non infrequenti di arruolamento coatto.
857 Marco cuzzi, La Slovenia italiana, in Francesco Caccamo – Luciano Monzali (a cura di), L’occupa-
zione italiana della Jugoslavia (1941-1943), Firenze, Le Lettere, 2008, p. 239.
858 Nel marzo 1943 operava in Slovenia una missione militare britannica in collegamento radio con l’E-
gitto e Londra.

