Page 322 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           gico-danubiana che verso quella balcanica, covata dai belagardisti, faceva apparire l’occupa-
           zione italo-tedesco-magiara come una fase intermedia prima della definitiva affermazione
           della Slovenia-nazione. Alla “guardia bianca” si affiancò la “guardia azzurra” (Plava Garda),
           composta di laici e anticlericali, sempre appartenenti, all’area conservatore-nazionalista,
           che, rifacendosi al Partito Liberale, auspicavano il ricongiungimento della Slovenia alla mo-
           narchia jugoslava. Nel marzo del 1942 i collaborazionisti bianchi e azzurri si organizzaro-
           no nel movimento politico della “Fratellanza Slovena”, noto agli italiani come “Centro na-
           zionale sloveno”, votato alla causa dell’anticomunismo e dell’indipendenza della Slovenia e
           guidato dal generale Leon Rupnik, che fu podestà di Lubiana. Tra l’aprile e il giugno 1942,
           Rupnik cercò di farsi autorizzare dal generale Robotti a costituire delle bande armate desti-
           nate a contrastare le formazioni di Tito lottando a fianco delle truppe italiane. Rupnik pre-
           sentò un Progetto per l’annientamento dell’attività dei partigiani fondato sull’impiego di una
           milizia ausiliaria slovena che avrebbe dovuto operare alle dipendenze dei comandi italiani.
              A differenza dei comandanti militari della Dalmazia e del Montenegro, che accettarono
           fin dal 1941, di buon grado, la collaborazione in funzione anticomunista di formazioni vo-
           lontarie di nazionalisti, Robotti si mostrò scettico sulla fedeltà delle formazioni belagardi-
           ste, a causa del loro indubbio atteggiamento anti-italiano . All’inizio di giugno fu dato un
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           timido assenso all’impiego di “giovani che spontaneamente abbandonano le bande oppure
           si rivolgono alle autorità italiane per sottrarsi al reclutamento forzato da parte dei partigia-
           ni da utilizzare sul posto (come guide, informatori ecc.) inserendoli nei nostri reparti o as-
           segnandoli ai comandi di stazione CC.RR., di presidio ecc. per sfruttarli nella lotta contro
           i ribelli” . L’espandersi del movimento insurrezionale, e le crescenti capacità militari delle
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           formazioni partigiane, indussero nell’estate del 1942 il comando dell’XI Corpo d’Armata,
           seppur controvoglia, a costituire le prime contro-bande in risposta ad un ordine venuto dal
           comando d’Armata, dove Roatta era decisamente favorevole all’impiego di reparti di col-
           laborazionisti. Così, in giugno, sorse nella zona di Lubiana una prima banda combatten-
           te anticomunista guidata da Franc Kampar, mentre in luglio, si formò a Novo Mesto una
           “Banda anti-comunista” (B.A.C.) composta di un centinaio di uomini che fu aggregata alla
           divisione “Isonzo”.









              dei collaborazionisti di ispirazione monarchica limitandone l’incidenza ai “pochi circoli reazionari”.
              In realtà il collaborazionismo ebbe un seguito di massa superiore a quello del movimento di libera-
              zione di ispirazione comunista. Attraverso l’attività propagandistica (ma anche militare, in molti ca-
              si) delle strutture ecclesiastiche, l’adesione popolare al belogardismo fu notevole” (in introduzione al
              volume di Marco cuzzi, L’occupazione italiana della Slovenia (1941-1943), op. cit.).
           851 Robotti non si fidava del partito cattolico anche perché tre suoi rappresentanti facevano parte del go-
              verno jugoslavo in esilio a Londra.
           852 Foglio n. 02/4687 OP. in data 1° giugno 1942, Azione contro i ribelli, Comando XI Corpo d’Armata
              – Ufficio Operazioni.

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