Page 334 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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334 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
reprimere l’insorgenza in Serbia, nel 1943 furono coinvolti in misura crescente nelle que-
stioni militari croate, fino ad assumere il comando delle operazioni. Tra tedeschi e italiani
si svolse una lotta sotterranea per l’egemonia sulla Croazia e sotto il profilo militare non vi
fu mai una collaborazione schietta e sincera. Se in “Trio” i tedeschi alla fine, dopo lunghe
resistenze, acconsentirono a far dipendere una propria grande unità dai comandi italiani,
in “Weiss” e “Schwarz”, con i rapporti di forze invertiti, i tedeschi non accettarono alcuna
ingerenza italiana nella concezione e nell’esecuzione dei piani operativi, agendo d’imperio
in base alle proprie esclusive esigenze tattiche e logistiche, senza tener in minima conside-
razione le proposte alleate.
Il tentativo di arrivare a una pacificazione tra le vari etnie fu portato avanti con ostina-
zione dai comandi italiani nonostante il sabotaggio di Zagabria. Diversamente da tedeschi
e croati, che privilegiarono fin da subito l’azione repressiva, i comandi italiani, tra il 1941 e
il 1942, tentarono un approccio alternativo, basato non solo sulla forza militare, ma anche
e soprattutto sulle trattative tra le varie forze politiche ed etnie in campo allo scopo di pa-
cificare gli animi, ridurre la conflittualità ed evitare l’esplodere di una cruenta guerra civile.
I militari avversarono le politiche di italianizzazione forzata portate avanti soprattutto dal
Governatore della Dalmazia, che non ottenevano altro risultato che quello di alimentare
l’odio delle popolazioni verso l’autorità italiana.
Col tempo si ebbe il ricorso a forme sempre più cruente e repressive di contrasto dell’a-
zione partigiana. I bandi e le ordinanze emanati per arginare il movimento insurrezionale
non furono però mai atti preventivi, bensì la risposta alle azioni dei partigiani contro le
forze occupanti, i collaborazionisti o i loro simpatizzanti, e il sistema di governo italiano. A
differenza dei tedeschi, gli italiani non attuarono una politica di spoliazione e sfruttamento
sistematico delle risorse. Il regime cercò anzi di sostenere le nuove province italiane con
un programma di lavori pubblici , aiuti alimentari e sussidi economici. L’internamento
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di civili rispose esclusivamente ad esigenze di ordine militare, senza altri obiettivi politici o
razziali di pulizia etnica . Lo stesso Istituto Storico Militare Jugoslavo ha scritto nel 1999
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che: “L’occupazione italiana in Jugoslavia non ha avuto come caratteristica la deportazione
di massa di abitanti, né è ricorsa ai metodi della pulizia etnica […] non ha preso forme
mostruose e proporzione di delitti e genocidi sul popolo serbo che ha manifestato, invece,
il sistema occupante nazista o la soluzione radicale degli ustascia croati” .
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866 Il governo italiano stanziò ben 500 milioni di lire per lavori pubblici nei territori annessi di Lubiana,
Fiume, Spalato, Cattaro e Zara.
867 Prova ne siano il limite massimo di 20-30.000 persone imposto in partenza ai piani di trasferimen-
to delle popolazioni e l’operato dell’istituto agricolo immobiliare di Lubiana, denominato “Emona”.
Questa società, istituita nel novembre 1941 su invito del Ministero degli Esteri, ebbe il compito di ri-
levare i beni immobili, urbani, agricoli e forestali, dei circa 13.000 allogeni di origine tedesca emigra-
ti volontariamente in Germania dalla provincia di Lubiana. Al fine di provvedere al ripopolamento e
alla valorizzazione economica di un comprensorio rurale e boschivo di circa 50.000 ettari, l’”Emona”
ricorse principalmente a profughi dalla Slovenia tedesca e non a contadini e braccianti italiani. (rela-
zione del capitano C. Mortarotti, Capo Ufficio Operazioni del Comando XI Corpo d’Armata).
868 draGan S. nenezic, Jugoslovenske oblasti pod italijom 1941 1943, Belgrado, Istituto storico-militare
jugoslavo, 1999.
Capitolo terzo

