Page 353 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il contrIbuto della regIa aeronautIca           353

              La teoria dell’“air control” e il mito della sua autosufficienza



                    a manifestazione più peculiare del potere aereo nel corso delle operazioni di “em-
                    pire policing” del periodo tra le due guerre è senz’altro la teoria dell’“air control”
             L sviluppata dalla Royal Air Force (RAF) all’inizio degli anni Venti. In quel periodo la
              RAF, costituita come forza armata indipendente il 1° aprile 1918 con l’obiettivo di disporre
              di uno strumento idoneo a colpire il territorio avversario e le sue strutture industriali, stava
              lottando per l’esistenza. Con la fine della guerra, e con l’aspettativa di un lungo periodo di
              pace, questa esigenza era venuta meno, e negli ambienti dell’esercito e della marina affiora-
              va l’idea che la neonata forza aerea potesse essere riassorbita. Il capo di stato maggiore della
              RAF, maresciallo dell’aria Hugh Trenchard, alla ricerca di nuove argomentazioni a favore
              dell’indipendenza della forza armata, fu però pronto a cogliere l’opportunità offerta da
              quanto era accaduto in un remoto angolo dell’impero, la Somalia Britannica, dove l’impie-
              go di un pugno di velivoli aveva permesso di risolvere una situazione apparentemente senza
              via d’uscita. Mohammed bin Abdullah Hassan, un capo tribale e religioso più conosciuto
              come il “Mullah Pazzo”, aveva causato disordini in quel territorio per quasi trent’anni,
              nonostante i ripetuti tentativi britannici e italiani di stroncarne l’attività, ma nel gennaio
              del 1920 l’intervento di 8 biposto DH.9 da ricognizione e bombardamento leggero aveva
              disperso le sue forze con una breve campagna aerea, ponendo fine alla rivolta in modo
              tanto rapido quanto inatteso. Lord Milner, all’epoca uno dei maggiori esperti di problemi
              coloniali, nella prefazione di un volume dedicato alla vicenda del “Mullah Pazzo” descrisse
              così quest’ultimo ciclo operativo: “Durò tre settimane e costò meno di 100.000 sterline. E
              si concluse con la totale e definitiva sconfitta del Mullah, che per più di vent’anni era stato
              una spina nel fianco dell’amministrazione britannica del Somaliland” .
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                 Sulla base di questa esperienza, Trenchard propose di affidare alla RAF il compito di
              mantenere il controllo dell’Iraq, già provincia dell’impero ottomano, dove nel 1920 più
              di 60.000 uomini dell’esercito britannico erano stati duramente impegnati da forze arabe
              e curde molto meglio equipaggiate dei seguaci del “Mullah Pazzo”. Per domare la rivolta,
              e pacificare almeno all’apparenza quei territori, era stato necessario l’invio di altri 30.000
              soldati britannici e indiani, ma l’Iraq aveva finito per assorbire tante e tali risorse che il
              governo di Londra fu ben lieto di accettare l’offerta. Trenchard aveva infatti pianificato
              di mantenere il controllo del turbolento mandato utilizzando soltanto alcuni squadron
              da ricognizione e bombardamento, sia pure con il supporto di una componente di terra
              formata da qualche compagnia di autoblindo e da 5.000 soldati del governo di Baghdad, il
              che avrebbe permesso di ritirare le truppe britanniche rimpiazzandole con pochi battaglio-
              ni dell’esercito indiano.
                 Il piano cominciò a essere posto in atto nell’ottobre del 1922, quando il vicemaresciallo
              dell’aria John Salmond si accinse a mantenere l’ordine in Iraq sviluppando un modello di



              897 douGlaS Jardine, The Mad Mullah of Somaliland, Londra, Herbert Jerkins Ltd, 1923, Foreword by
                 Viscount Alfred Milner, pag. 1.
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