Page 355 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il contrIbuto della regIa aeronautIca           355

              ti di vita della tribù, e alla fine il nativo troverà preferibile obbedire al Governo.” .  Nei due
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              anni successivi si esaurì la fase delle operazioni di vasta portata, il che permise di ribadire la
              validità della teoria dell’“air control”. L’Iraq era stato ricondotto nell’orbita di influenza della
              Gran Bretagna a un costo contenuto, contribuendo nel contempo alla sopravvivenza della
              RAF come forza armata indipendente. Il suo stesso successo, e soprattutto lo sfruttamento
              che ne era stato fatto a fini di propaganda interna dai vertici dell’aeronautica, ne avevano
              però oscurato la natura “joint”, nascondendo il fatto che le operazioni di “air control” im-
              plicavano una stretta cooperazione tra forze aeree e forze di terra, con i velivoli impegnati in
              missioni di trasporto di uomini e materiali, di evacuazione dei feriti, di lancio di manifestini,
              e ovviamente di ricognizione e di attacco al suolo, bombardando e mitragliando obiettivi di
              ogni genere per aprire la via ad agili colonne motorizzate. Le stesse modalità d’azione furono
              adottate in Kurdistan tra il 1930 e il 1931, per soffocare la rivolta dello sceicco Mahmud, e
              ancora nel 1932, contro un altro capo curdo, lo sceicco Ahmed di Barzan , con gli squa-
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              dron della RAF impegnati ad appoggiare le truppe del governo di Bagdad. I metodi dell’“air
              control” furono largamente impiegati durante gli anni Trenta anche al di fuori dell’Iraq, per
              tenere in riga altre popolazioni recalcitranti al dominio britannico ad Aden, in Transgiorda-
              nia e alla sempre inquieta Frontiera Nord-Ovest dell’India.
                 Dopo un decennio di successi, la fiducia nello schema era tale che il capo di stato mag-
              giore della RAF propose che all’aeronautica fosse affidato il compito di presidiare le colonie
              dell’Africa Orientale, sostituendo i velivoli alle truppe. Questa volta l’offerta non venne
              accolta, ma non di meno il controllo dall’aria continuò a godere di largo favore sia negli am-
              bienti governativi sia tra il grosso pubblico, in un periodo in cui si puntava a ridurre tanto le
              spese militari quanto quelle per l’amministrazione delle colonie. I resoconti della RAF ten-
              devano poi a magnificare il ruolo del potere aereo, minimizzando la partecipazione dell’eser-
              cito a queste operazioni, con il risultato di creare un vero e proprio mito dell’“air control”.  I
              limiti di un approccio puramente aeronautico al tema della contro-insurrezione apparvero
              però evidenti nella rivolta araba del 1936-1939 in Palestina, quando teatro dell’azione
              furono soprattutto le aree urbane. In quello scenario l’impiego senza restrizioni del potere
              aereo avrebbe reso le cose più difficili, alimentando l’odio delle popolazioni e, inoltre, dal
              momento che la Palestina non era una qualche remota e isolata colonia, avrebbe causato
              le proteste della comunità internazionale. Ne fu così deciso un impiego più controllato e
              mirato, riaffermando la natura interforze della più moderna forma di polizia coloniale,
              senza peraltro con questo demolire il mito dell’“air control”, ancora vivo ai giorni nostri .
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                 Anche la Francia e la Spagna fecero ricorso al potere aereo per mantenere o ristabilire il
              controllo delle loro colonie. Nel mandato della Siria la Francia dovette fronteggiare la stessa
              situazione che si presentò alla Gran Bretagna in Iraq e nel 1924, per stroncare una rivolta


              899 Salmond to Trenchard, letter, air Control, 29 September 1923, in Group Captain peter w. Gray,
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