Page 31 - L'EROE SENZA NOME - Il Milite Ignoto simbolo del sacrificio
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NOTO A DIO, SCONOSCIUTO AGLI UOMINI
                                                                       IL CULTO DEL MILITE IGNOTO




                  Ci si pone, a questo punto, l’interrogativo sul perché
                  un caduto, del quale si conosceva solo il suo sacri-
                  ficio per la Patria, venne eletto, quasi universal-
                  mente, quale simbolo supremo della tragedia appena
                  conclusa.
                  L’allora colonnello del Regio Esercito Italiano Giulio
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                  Douhet , che nell’estate del 1920 avanzò per primo
                  la proposta di edificare un monumento pubblico al
                  Milite Ignoto, adduceva la seguente argomentazione:
                  “L’ignoto è strumentale per la costruzione di un sim-
                  bolo sociologico. Solo un ignoto può essere il rap-
                  presentante di tutti. È il più umile e il dolore per gli
                  ignoti è il dolore più grande: da quella tomba trar-
                  ranno la maggior consolazione le più infelici: quelle
                  che non seppero più nulla del loro nato, che sembrò
                  svanire nella bufera […]. La salma ignota, permet-
                  terà finalmente di pensare la guerra al di là dei nomi
                  e dei rumori: Nulla si deve sapere di Lui. Fu un sol-
                  dato ucciso nel compimento del suo dovere. Questo
                  solo si deve dire di Lui. E questo è immenso.
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                  Quell’Umile è una moltitudine innumerevole” .
                  La Grande Guerra vide masse di combattenti ano-
                  nimi giacere sul campo di battaglia che meritavano       Il colonnello Giulio Douhet



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                     Giulio Douhet (Caserta, 30 maggio 1869 – Roma, 15 febbraio 1930). Frequentò l’Accademia Militare di Modena, da cui uscì col grado di sottotenente dei
                  bersaglieri. Si iscrisse anche al Politecnico di Torino, laureandosi in ingegneria. La sua carriera militare fu travagliata. Nel 1911, durante la guerra italo-turca
                  in un rapporto sull’uso dell’aviazione da guerra, teorizzò che l’unico uso efficace dell’arma aerea era il bombardamento da alta quota. Promosso maggiore,
                  divenne comandante del Battaglione Aviatori, formato da reparti di aeroplani e da una scuola di volo presso l’Aeroporto di Torino-Mirafiori. Fu in seguito Capo
                  di Stato Maggiore della 5^ Divisione a Milano e, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, combatté sul fronte dell’Adamello. Scrisse nel 1916 ai superiori e
                  ai vertici politici per promuovere le proprie idee sui bombardamenti aerei e criticare l’incompetenza in materia degli alti comandi. L’atteggiamento critico
                  riguardo alla conduzione della guerra da parte del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Luigi Cadorna, gli procurò l’ostilità delle gerarchie militari.
                  Un memoriale diretto a Leonida Bissolati, tra i fondatori del Partito Socialista Riformista Italiano e, dal 1917, Ministro dell’Assistenza Militare e Pensioni di
                  Guerra, assai critico nel contenuto verso lo Stato Maggiore, venne intercettato e ne conseguì l’arresto e un processo militare per diffusione di notizie riservate.
                  Douhet venne conseguentemente condannato a un anno di carcere militare, che espiò nel forte di Fenestrelle, al termine del quale, nell’ottobre 1917, fu posto
                  in congedo. Richiamato in servizio quale capo della neo costituita direzione generale di Aviazione del Ministero delle armi e munizioni nel dicembre 1917,
                  lasciò nuovamente polemicamente il servizio quando entrò in conflitto con Ferdinando Maria Perrone, dirigente dell’Ansaldo, su questioni relative alle commesse
                  militari, il 4 giugno del 1918, chiudendo di fatto la sua carriera nell’Esercito. Nel 1920, con il grado di colonnello in congedo, fondò l’Unione Nazionale Ufficiali
                  e Soldati e propose di erigere monumenti ai caduti nel conflitto in ogni città d’Italia e di onorare i caduti italiani le cui salme non erano state identificate, con
                  la creazione di un monumento al Milite Ignoto a Roma. Nel novembre 1920, il Tribunale Supremo di guerra e marina annullò la condanna del 1916 e fu rein-
                  tegrato in servizio con il grado di maggiore generale e posto in aspettativa. Fu promosso generale di divisione nel 1923, restando in aspettativa. Nel 1922 aveva
                  iniziato a collaborare con il Popolo d’Italia di Mussolini che, dopo la marcia su Roma, gli diede l’incarico di responsabile dell’aviazione militarema, criticato

                  dagli ambienti militari e navali, presto abbandonò il mandato, per dedicarsi interamente allo studio. Morì nel 1930 colpito da un infarto. È sepolto a Roma al
                  Cimitero del Verano. Sulla sua tomba è scolpita la seguente iscrizione: “Anima e cuore di soldato italiano spirito colto geniale lungimirante fin dai primi
                  tentativi dell’aviazione, intravide l’ineluttabile avvento delle armate del cielo e per la Patria una ne invocò strenuamente con gli scritti e con la parola sprezzando
                  ogni personale interesse. Di ogni ideale umano e patriottico fervidamente pervaso primo in Italia e fuori il culto del Milite Ignoto propose. Doveva triste destino
                  del genio chiudere la vita perché le sue idee fossero attuate e fosse proclamato maestro. MCMXXX – La vedova orgogliosa».
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                     Vito Labita, Il Milite Ignoto. Dalle trincee all’Altare della Patria, in Sergio Bertelli, Cristiano Grottanelli (a cura di), Gli occhi di Alessandro. Potere
                  sovrano e sacralità del corpo da Alessandro Magno a Ceau�escu, Ponte alle Grazie, Firenze, 1990, pp. 124-125.



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