Page 233 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
P. 233

Epilogo                                231
                   nosceva la Repubblica sovietica.
                      Le trattative non approdarono però a nulla di concreto. Le pretese giappo-
                   nesi di barattare il proprio ritiro con concessioni economiche da parte della
                   Repubblica Estremo-orientale e con l’impegno da parte di questa ad una politi-
                   ca anti-bolscevica erano palesemente irrealistiche. Il governo di Mosca d’altra
                   parte non vedeva perché fare concessioni in cambio di qualcosa, il ritiro giappo-
                   nese, che si sarebbe comunque verificato, mentre l’esistenza della Repubblica
                   Estremo-orientale costituiva di per sé un utile intercapedine verso le ambizioni
                   di Tokyo .
                           392
                      Il calcolo non fu errato. Le pressioni degli Stati Uniti affinché il Giappone
                   cominciasse il ritiro si erano fatte estremamente insistenti ed avevano trovato
                   una sponda nello stesso Giappone, dove era scoppiata una grave crisi econo-
                   mica. Nell’impero nipponico del resto si era consolidato un ampio fronte fa-
                   vorevole ad un ritiro dalla Siberia, formato dal primo ministro Takashi Hara,
                   dal Ministro degli Esteri Kimmochi Sajonji e da una vasta parte dell’opinione
                   pubblica”. Numerosi tumulti si erano già verificati in varie parti del Paese, e
                   per la prima volta anche gli ufficiali giapponesi avevano dovuto vestirsi in bor-
                   ghese quando viaggiavano da soli per sottrarsi alle ingiurie della gente . Negli
                                                                                    393
                   stessi mesi una ondata di scioperi paralizzò per diversi giorni la produzione
                   industriale e il disciplinatissimo Giappone imperiale scoprì di essere tutt’altro
                   che immune al contagio rivoluzionario, soprattutto quando questo aveva buoni
                   argomenti per diffondersi. Fino ad allora la spedizione in Siberia era costata alle
                   casse imperiali oltre 900 milioni di yen, circa due terzi del costo della guerra del
                   1905, e non aveva portato nulla . Un cabarettista giapponese di quegli anni, a
                                                394
                   fronte dell’enorme spesa e degli scarsissimi risultati ottenuti, ironizzava fero-
                   cemente sull’assonanza fra le parole shuppei, “corpo di spedizione” e shappai,
                   che significa più o meno “bancarotta” . Per la casta militare giapponese essere
                                                      395
                   messa in discussione in modo tanto aperto fu un trauma notevole, e condizionò
                   non poco il suo rapporto con la classe politica nei decenni seguenti e con con-
                   seguenze esiziali.
                      Al momento però, pressati dall’esterno e dall’interno, i militari dovettero
                   cedere ed il Giappone cominciò unilateralmente il ritiro dalla Siberia, abban-
                   donando Vladivostok ed il suo effimero governo bianco all’inizio di ottobre



                   392  H. C. D’ENCAUSSE, cit., Lenin, p. 344.
                   393  S. K. FAIRBANKS, E. O. RISCHAUER, A. M. CRAIG, Storia dell’Asia Orientale. Vol. II, Ver-
                       so la modernità. Torino, Einaudi, 1974, p. 669­670.
                   394  M. SAYERS, A. E. KAHN, La grande congiura, cit., p. 69.
                   395  FAIRBANK, Storia dell’Asia Orientale, Vol. II, Verso la Modernità, cit., p. 670.
   228   229   230   231   232   233   234   235   236   237   238