Page 54 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I. Il retaggio dei morti
Rievochiamo per un momento qualche guerra del passato: le campagne garibaldine.
Il loro senso e la loro particolare fisionomia noi li afferriamo nella rievocazione e nella
sintesi di concreti episodi e di stati d’animo significativi. Da essi traluce sempre qualche
cosa che trascende la particolarità; s’irradia un animo che si leva a momento ideale di
quelle lotte. Ricorderemo i combattimenti sul Gianicolo, la rabida furia del Bixio, il
Masina spronante il cavallo su per le scalee del Casino dei quattro venti, la disperata
difesa del Vascello, le morti del Manara, del Dandolo, del Morosini, del Mameli; se-
guiremo i Mille erranti per i latifondi e le montagne di Sicilia, rievocheremo gli episodi
della lotta a Palermo, a Milazzo, al Volturno, risentiremo la poesia dell’Abba. In questo
processo si maturerà il nostro concetto delle guerre garibaldine, come di eroiche ro-
mantiche avventure. La difesa di Roma, senza speranza alcuna di successo, ci apparirà
quale effettivamente fu: una difesa suprema dell’onore d’Italia: in grande, una di quelle
singolari tenzoni celebrate dai romanzieri del Risorgimento, tra i volontari d’Italia e
l’esercito francese; ciò che salvò con l’onore, la fede e la speranza della sorgente nazione.
La spedizione dei Mille la sentiremo come il vertice d’una volontà matura, che scuote
e scorre la penisola, e raccoglie insieme tutte le forze costituitesi nella lunga vigilia. Il
balenar degli animi negli episodi particolari spiega aspetti e intrinseche necessità delle
superiori direttive della guerra. Sentiamo pienamente la necessità del particolare come
carne e sangue della storia.
Se ripensiamo invece alla guerra recente, notiamo che, pur con tutti gli studi
diplomatici, strategici, tattici, economici, pur con tutta l’esuberanza episodico-gior-
nalistica – anzi a motivo di quest’ultima così infida e retorica e atta a suscitare scet-
ticismi e incredulità –, la guerra delle nazioni non ha ancora per noi una fisionomia
ben definita. Le moltitudini combattenti le vediamo ancora come massa grigia di
cui la strategia pretende di aver disposto ad arbitrio. A ciò indubbiamente concorre
la sterminata vastità della guerra e la sua stretta contiguità con noi. Nessuno, negli
eserciti immensi, sovrasta di tutto il capo sulla folla, come Aiace nel campo acheo;
il momento di guerra che noi possiamo aver vissuto limita di per se stesso la nostra
visuale. Infine, la cronaca giornalistica, tendenziosa e di maniera, s’è inabissata nel