Page 26 - La rappresentazione della Grande Guerra nel concorso della Regina Elena del 1934
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            in grado di raffigurarli in modo meritevole. Innanzi tutto, lamentava il presidente della giuria, davvero grave era l’assenza di un
            ritratto di Vittorio Emanuele III, del comandante in capo delle Forze Armate. E mancavano inoltre anche molti dei maggiori con-
            dottieri e delle più note Medaglie d’Oro, nonché fatti d’arme e avvenimenti memorabili della guerra. Il generale Grazioli esprimeva
            così l’auspicio, a nome di tutti i membri della giuria, che continuasse, sia pure gradualmente, la raccolta di opere sulla Grande Guerra
            per colmare le lacune segnalate, ma si procedesse questa volta a incaricare direttamente artisti validi e affermati «sì che la magnifica
            idea della Galleria della Guerra e della Vittoria trovi al più presto possibile completa attuazione ed abbia onorevole e duratura si-
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            stemazione in un edificio ben rispondente allo scopo». Alle settantacinque opere selezionate la Commissione ne aggiunse altre
            quattordici: cinque presentate extra concorso e nove acquistate direttamente dalla regina Elena. Di queste ultime quattro erano
            sculture, quattro invece i dipinti (tra cui l’Assunzione del Milite Ignoto, un tema che certo non poteva essere assente nel percorso
            della futura Galleria) e una sola, infine, era una litografia che raffigurava il bersagliere Enrico Toti. 52
            L’esposizione dei dipinti, delle incisioni e delle sculture scelte per l’allestimento della Galleria della Guerra e della Vittoria avvenne
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            il 1° marzo 1935 nelle sale del Palazzo Reale del Quirinale. L’evento fu in parte oscurato dai gravi avvenimenti di quei giorni:
            l’inizio della mobilitazione per la guerra contro l’Etiopia e la partenza dei contingenti italiani per l’Africa Orientale. Le prime pagine
            dei quotidiani nazionali erano dedicate alle truppe in attesa di imbarcarsi. Il Corriere della Sera dava notizia dell’apertura della mostra,
            tra le recensioni degli spettacoli teatrali e la programmazione cinematografica. La Nazione ignorava del tutto l’evento celebrando il
            raduno dei militari della Divisione Gavinana con sede a Firenze e i preparativi per l’imbarco. Un lungo articolo fu invece pubblicato
            sulle pagine de Il lavoro fascista firmato da Alberto Neppi, il critico d’arte che aveva seguito i concorsi sin dalla fase iniziale. Neppi,
            pur elogiando nel complesso la qualità delle opere selezionate, non poteva nascondere una certa delusione: da oltre tremila bozzetti,
            gessi e incisioni messi in esposizione un anno prima e che occupavano una gran parte degli appartamenti della Reggia, si era passati
            a poco meno di cento opere degne di costituire il primo nucleo del nuovo Museo. La sua collocazione era prevista in quel momento
            negli spazi della Casa Littoria, l’ambizioso progetto edilizio previsto sulla via dell’Impero e approvato dal Parlamento nel maggio
            dell’anno precedente. Ma in realtà la destinazione fu tutt’altra, grazie all’intervento di Cesare Maria De Vecchi, ora ministro del-
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            l’Educazione Nazionale. Egli propose che i dipinti, le incisioni e le sculture fossero collocate nel Museo del Risorgimento, la cui
            nuova sede nel complesso monumentale del Vittoriano era in via di organizzazione. La regina Elena condivise con entusiasmo la
            proposta del monarchico senza riserve. In questa indicazione del Ministro e nell’accettazione convinta da parte di Casa Reale si coglieva
            la volontà di tornare ad ancorare anche fisicamente la memoria della Grande Guerra al Risorgimento. Il 28 marzo nella sede del
            Ministero dell’Educazione Nazionale, alla presenza di Cesare Maria De Vecchi, il cavaliere d’onore Vittorio Solaro del Borgo con-
            segnò i busti, le incisioni e i dipinti al direttore del Museo Centrale del Risorgimento Alberto Maria Ghisalberti. 55

            Le opere furono così accolte nei locali del Vittoriano destinati al museo. La loro collocazione definitiva era prevista nelle sale
            che si stavano allestendo «nella Galleria sovrastante alla Cripta del Milite Ignoto fra la grandiosa e suggestiva selva delle bandiere
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            dei Reggimenti disciolti dopo la Vittoria», ma la sede, ancora nell’aprile 1936, non era pronta. Una speciale finalità fu
            riservata alle opere di grafica affinché potessero essere conosciute in molti altri ambienti. In questa occasione l’Istituto per la
            Storia del Risorgimento Italiano mutuò una scelta attuata per un illustre precedente storico, per la serie dei disegni di Stanislao
            Grimaldi Fatti di valore individuale compiuti dall’Esercito Sardo durante la campagna 1848-1849. Le belle tavole di Grimaldi furono nel
            1850 tradotte in litografie a colori e in bianco e nero e poterono in tal modo avere una larga diffusione tra gli appassionati e
            nelle Scuole militari. Analogamente fu fatto per le opere grafiche premiate al concorso: l’Istituto stipulò un accordo con la
            storica ditta di arti fotomeccaniche della Capitale Michele Danesi, che realizzò, in collaborazione con la Calcografia Nazionale,


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              AUSSME, Fondo Grazioli, Concorsi artistici di Sua Maestà la Regina, Relazione relativa al concorso di 2° grado, 15 febbraio 1935, p. 7
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              Ivi, p. 3-5.
            53  Istituto Luce: https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000016851/2/la-galleria-celebrativa-eroismo-del-soldato-italiano.html
            54  A. NEPPI, La mostra delle opere prescelte ai “Concorsi della Regina”, in «Il lavoro fascista», 2 marzo 1935, p. 2.
            55  Vedi Appendice documentaria, infra, pag. 247.
            56  A. MONTI, Iconografia di guerra al posto d’onore, in «Corriere della Sera», 11 aprile 1936, p. 3.
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              L’inaugurazione del Museo Centrale del Risorgimento al Vittoriano ebbe una gestione molto travagliata. Fu aperto al pubblico per il solo 24
            maggio 1935 in occasione del ventesimo anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia e poi subito di nuovo chiuso. Passarono da allora quasi trenta-
            cinque anni perché le sale del Museo fossero nuovamente visitabili: il 2 ottobre 1970, nella ricorrenza del centenario del plebiscito che riunì Roma
            all’Italia, si tenne finalmente la nuova inaugurazione. Cfr. «L’Illustrazione italiana», 9 giugno 1935, p. 953-954; A. M. ARPINO, Risorgimento e Vitto-
            riano. Il Museo centrale del Risorgimento, in Il Vittoriano. Materiali per una storia, Roma, Fratelli Palombi Editori, 1988, vol. II, p. 139-141.
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