Page 5 - La rappresentazione della Grande Guerra nel concorso della Regina Elena del 1934
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PRESENTAZIONE                                                 3




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                     el novero delle opere editoriali pubblicate dalla Commissione Italiana di Storia Militare e dall’Ufficio Storico dello
                     Stato Maggiore della Difesa, che ne ha ereditato funzioni e compiti dal settembre del 2013, sono presenti numerosi
            Ned interessanti saggi di storia militare così come studi ed analisi sugli sviluppi della scienza e della tecnologia nella
            storia dei conflitti; il corpo più significativo è costituito dagli Atti dei congressi, eventi culturali organizzati fin dal lontano
            1969: un vero e proprio scrigno di conoscenza sui più svariati temi della storia militare, e non solo, e dell’influenza che i
            relativi accadimenti hanno avuto sulle vicende del nostro Paese. Tuttavia nonostante la varietà di argomenti trattati non com-
            pare alcun libro che abbia come protagonista il connubio, che è sempre esistito, tra le arti figurative e la storia militare.

            Fatta questa premessa, è con vero piacere che presento un’opera che, finalmente, colma questa lacuna. Apparentemente è il
            catalogo di una mostra, comprendente una parte di opere custodite ed esposte al Museo Centrale del Risorgimento in Roma,
            che nasce come conseguenza della volontà della regina Elena di voler fissare, attraverso un concorso d’arti figurative indetto
            nel 1934, una rappresentazione della Prima guerra mondiale. Si tratta in realtà di un autentico viaggio, attraverso l’arte, nella
            storia della Grande Guerra. Evento bellico planetario che aveva sconvolto la storia dell’umanità creando un prima e un dopo
            ma che aveva anche un significato speciale per l’Italia: la conclusione di un percorso risorgimentale lungo e complesso ma
            al contempo esaltante, che permise di far coincidere geograficamente lo Stato, luogo fisico dove i cittadini si sono dati norme
            e istituzioni per una comune convivenza, con la Nazione, area geografica dove l’insieme dei suoi abitanti condivide lingua,
            tradizioni e costumi.

            La Grande Guerra è stato il primo conflitto dove i belligeranti hanno organizzato dei veri e propri team di fotografi e cineo-
            peratori che hanno immortalato i teatri di guerra e i loro protagonisti. La funzione era duplice: riprendere i luoghi per finalità
            strategiche, legate alla pianificazione delle operazioni militari, e documentare gli eventi per fini storici. Il solo Regio Esercito,
            alla fine del conflitto, aveva archiviato più di 150.000 negativi, la prima guerra moderna era dunque ben testimoniata: ma
            allora perché era opportuno rivolgersi agli artisti per riprodurre gli accadimenti principali del conflitto?
            La risposta al quesito è duplice. Gli strumenti a disposizione dei cine foto operatori, sebbene molto più evoluti dei modelli di-
            sponibili alla fine del diciannovesimo secolo, non consentivano ancora di poter adattare significativamente le macchine da ri-
            presa alle necessità dell’operatore in funzione del soggetto da ritrarre. Alle limitazioni tecniche, si aggiunge, allora come oggi,
            la pericolosità del teatro bellico che non si presta a ritrarre scene d’azione senza mettere a repentaglio la sicurezza fisica del-
            l’operatore. Molti dei negativi sono scene confuse oppure episodi relativi a momenti di riposo dei soldati al fronte o comunque
            non d’azione. Quando si coglievano i momenti successivi agli eventi di guerra, in cui la morte e la distruzione regnavano de-
            solanti su tutto, il militare esanime veniva colto evitando le scene di morti scomposte: l’orrore della guerra veniva mitigato nel
            trarre solo immagini dignitose dei Caduti, ricomposti se necessario e quando possibile. Le scene d’azione, per motivi di pro-
            paganda, erano spesso riprodotte artificialmente come in un film ma con interpreti e scenografie reali. Le immagini degli
            episodi legati alle grandi e piccole Unità di manovra in combattimento o alle eroiche azioni dei singoli non erano dunque pre-
            senti in quei negativi ma solo nella memoria dei reduci; ed ecco che la regina Elena, prima che tutto fosse svanito per sempre,
            decide di affidare agli artisti, attraverso questo concorso, il compito di fissare quei momenti e i suoi protagonisti, affinché, in
            occasione del XX anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia, si potesse inaugurare la Galleria della Guerra e della Vittoria
            dove queste opere fossero a disposizione del pubblico, a testimonianza dello sforzo fatto dai cittadini chiamati in massa alle
            armi per completare l’Unità del paese e assicurare un futuro di prosperità e libertà alle future generazioni.

            L’iniziativa della sovrana voleva dunque rimarcare la funzione della Grande Guerra come “Quarta Guerra d’Indipendenza”,
            con l’esaltazione dei valori di “Unità e Libertà” che sono, insieme alla monarchia, tra i principali simbolismi presenti nel
            complesso del Vittoriano. Ciò avrebbe generato una evidente contrapposizione con la visione politica fascista, nella quale
            era il futuro, e non il passato, il focus su cui orientare lo sguardo e l’interesse del cittadino: la Prima guerra mondiale non era
            la conclusione di un processo sociale e politico iniziato nel 1848 ma la genesi di una “nuova era” in cui l’Italia, anziché
            liberarsi dall’oppressione straniera per vivere in armonia con gli altri paesi, diviene faro di una nuova e superiore civiltà che
            doveva imporsi sulle altre divenendo paese educatore e dunque tragicamente “oppressore”. Anche sugli aspetti propriamente
            artistici la Real Casa non si troverà allineata all’ideale fascista rivolto al futurismo e più in generale alla cosiddetta corrente
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