Page 7 - La rappresentazione della Grande Guerra nel concorso della Regina Elena del 1934
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INTRODUZIONE 5
IL CONCORSO LA GUERRA E LA VITTORIA
SVANIRÀ PER SEMPRE SE NON LO FISSIAMO
ercoledì 31 gennaio 1934 l’Agenzia di stampa Stefani annunciava ai quotidiani nazionali che «Per l’augusto desi-
derio di S.M. la Regina» il Ministero della Guerra d’intesa con quelli della Marina e dell’Aeronautica bandiva tre
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M concorsi artistici. Le due pagine ciclostilate giunte nelle redazioni dei giornali non potevano non suscitare inte-
resse: che il Ministero della Guerra bandisse un concorso artistico non era di per sé un evento del tutto inconsueto, ma che
questo progetto fosse stato promosso, come si leggeva nell’apertura del messaggio della Stefani, da Casa Reale, da S.M. la
regina Elena in prima persona, rendeva la notizia ancor più meritevole di attenzione. Tema dei tre concorsi rivolti ai pittori,
agli scultori, ai litografi e agli incisori italiani, era la celebrazione dell’intervento dell’Italia nel Primo conflitto mondiale at-
traverso opere d’arte destinate a realizzare un nuovo museo: la Galleria della Guerra e della Vittoria. Quel bando segnava in
tal modo l’apertura di un cantiere per la salvaguardia e per la sacralizzazione della memoria della più angosciosa e insieme
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esaltante esperienza vissuta dalla comunità nazionale. Dunque, un progetto molto ambizioso e di alto profilo che già nella
titolazione rievocava un precedente storico di grande valore artistico quale era la Galleria delle Battaglie della reggia di Ver-
sailles. L’occasione per promulgare questa gara era offerta dall’approssimarsi del ventesimo anniversario dell’inizio di quel-
l’immane scontro che aveva cambiato radicalmente la storia dell’umanità. Un avvenimento ancora vivo nelle menti e nei
corpi dei contemporanei che aveva segnato la vita di tutta la Nazione, il cui ricordo non poteva ma, soprattutto, non doveva
essere disperso. Proposito questo che aveva accomunato sin dall’avvio tutte le popolazioni coinvolte, sia vittoriose sia scon-
fitte.
Lo scrittore austriaco Robert Musil, impegnato come ufficiale sul fronte italiano in Valsugana, nel Trentino, dal maggio 1915 al
marzo dell’anno successivo, in un suo articolo per il giornale di trincea Tiroler Soldaten-Zeitung del 6 agosto 1916, commentava il
periodo fino ad allora trascorso sulla linea del fuoco e sollecitava i suoi compagni d’arme a raccontare la loro vita di combattenti
perché «quanto da due anni a questa parte si è vissuto al fronte è pur sempre, anche solo considerato dal punto di vista di un’espe-
rienza mai verificatasi prima, qualcosa di immane – tuttavia questo – […] svanirà per sempre se non lo fissiamo». 3
Così anche in Italia, subito dopo le prime partenze per il fronte, le testimonianze volte a fissare, come diceva il Landsturmleutnant
Musil, quello straordinario momento si erano moltiplicate nella sorprendente messe di scritti dei militari mobilitati o nelle
numerose corrispondenze degli inviati di guerra dei principali quotidiani nazionali, ma soprattutto nelle immagini che inon-
davano, dall’inizio del conflitto mondiale, il campo dei media. Affermava infatti un grande storico contemporaneo, George
Mosse, che “il XX secolo, l’epoca della politica e della cultura di massa, ha preferito affidarsi più all’immagine che alla carta
stampata”. E il XX secolo ebbe inizio, convenzionalmente, quando i colpi di pistola esplosi da Gavrilo Princip uccisero a
1 Archivio Centrale dello Stato (ACS), Ministero della Real Casa, Segreteria Reale, 1931-1935, busta 1181, fasc. 2716, Agenzia Stefani, 31 gennaio 1934.
2 Il dopoguerra fu scandito in tutte le nazioni, vinte o vincitrici, da un susseguirsi di concorsi banditi per la realizzazione di monumenti ai caduti, di
lapidi, di steli, di gruppi statuari in quella che è stata definita come “una frenesia commemorativa”. Non era dunque la prima volta che anche in
Italia veniva bandito un concorso con l’intento di rafforzare il sentimento patriottico e di conservare per i posteri la memoria della Prima guerra
mondiale. Tra il 1926 e il 1930, con il sostegno del Ministero della Pubblica Istruzione retto allora da Pietro Fedele, Antonio Monti – direttore del
Museo del Risorgimento di Milano – aveva lanciato una gara a premi per insegnanti e studenti di tutte le scuole italiane finalizzata alla raccolta di do-
cumenti, lettere, diari, fotografie, giornali – con l’esclusione di oggetti – che avrebbero poi formato l’Archivio della Guerra. La risposta all’iniziativa
andò oltre le più ottimistiche aspettative: giunsero al Museo milanese oltre 500.000 documenti che, una volta ordinati, costituirono una delle più im-
portanti raccolte documentarie sul Primo conflitto mondiale. Cfr. C. FOGU, “Fare la storia al presente. Il Fascismo e la rappresentazione della Grande
Guerra”, in «Memoria e ricerca. Rivista di storia contemporanea», Forlì, Carocci Editore, gennaio-giugno 2001; M. MONDINI, La guerra italiana.
Partire, raccontare, tornare: 1914 -1918, Bologna, Il Mulino, 2014, p. 315-356. Analogamente il Ministero della Guerra aveva bandito nel 1931 il concorso,
rivolto agli ufficiali combattenti, “Monografie di guerra vissuta”. Anche questa scelta era stata premiata da un inaspettato interesse tanto da convincere
il Ministero a indire nel 1934 un nuovo bando, invitando chi avesse effettivamente preso parte al conflitto a «mettere in rilievo – senza fronzoli
stilistici e senza retoriche ampollosità, ma col calore e con la convinzione di chi scrive col cuore, di chi parla per esperienza vissuta – per quali tappe
dolorose e gloriose si sia finalmente giunti alla vittoria». Cfr. Rivista militare italiana, Roma, Comando del Corpo di Stato Maggiore, dicembre 1933, p.
1735-1734.
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R. MUSIL, La guerra parallela, Trento, Reverdito Editore, 1987, p. 21.