Page 21 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio
rafforzare la risolutezza e la determinazione di quanti sono già dalla nostra parte
e viceversa farle venir meno o indebolirle nei nostri avversari». Si tratta quindi
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di riuscire, attraverso un’idea o un’ideologia, a esercitare una forza di attrazione
che, nel consolidare l’unità interna, costituisca un “caposaldo morale” intorno al
quale coagulare nuove alleanze.
A livello strategico, lo scopo dell’azione è individuato invece da Boyd in termini
neo-darwiniani nel «diminuire la capacità di adattamento dell’avversario, come
insieme organico, e migliorare nel contempo la nostra, cosicché, al contrario di
noi, non sia più in grado di fronteggiare gli eventi in divenire».
L’attenzione si concentra qui non sulla dimensione temporale bensì sui fattori
che assicurano la coesione del sistema contrapposto. Per raggiungere lo scopo
occorre infatti «penetrare nella struttura morale-mentale-fisica dell’avversario per
disintegrarne la fibra morale, scompaginarne le immagini mentali, disorganizzarne
le operazioni».
Il fattore tempo comincia a diventare prevalente al livello della grande tattica
– o livello operativo – in cui l’obiettivo è scardinare le connessioni tra le singole
unità del sistema contrapposto per far sì che non possano più agire in modo
coerente. A tal fine occorre «operare all’interno dei cicli OODA dell’avversario»
per creare una divergenza tra ciò che vede, o crede di vedere, e ciò a cui
deve effettivamente reagire. Si tratta di sospingerlo «in un mondo indefinito,
minaccioso e imprevedibile in cui dominano l’incertezza, il dubbio, il sospetto,
la confusione, il disordine, la paura, il panico, il caos» e portarlo così «oltre la
sua capacità morale-mentale-fisica di adattamento […], cosicché non possa
indovinare le nostre intenzioni e quindi indirizzare opportunamente i suoi sforzi
per contrastare il nostro disegno strategico mentre si realizza».
Al livello tattico questo tema, e con esso l’importanza del fattore tempo, è
ancora più evidente, ma oltre alla velocità è determinante l’imprevedibilità. Le
unità impegnate in azione devono «percorrere il ciclo OODA in modo sempre
meno regolare e sempre più rapido per mantenere o acquisire l’iniziativa, come
pure per configurare e riorientare lo sforzo principale al fine di sfruttare le
vulnerabilità e le debolezze che quello stesso sforzo porta alla luce».
Il contendente più lento a passare da una fase alla successiva si vedrà costretto
sulla difensiva e forzato a rincorrere l’iniziativa dell’avversario, accumulando un
ritardo crescente col susseguirsi dei cicli fino al punto di non essere più in grado
di reagire con una qualche efficacia.
Sulla base di queste premesse, un’organizzazione militare deve essere per sua
3 Ivi, p. 143.
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