Page 22 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
P. 22

Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            natura un sistema robusto, studiato per forzare il cambiamento in un sistema
            contrapposto  facendolo  precipitare  in  uno  stato  in  cui  i  diversi  sottosistemi
            sono costretti a riorganizzarsi singolarmente per mancanza di direttive, e quindi
            verso uno stato di incertezza tale da condizionarne negativamente la capacità di
            adattamento complessiva. Le singole unità potranno ancora auto-organizzarsi,
            grazie agli schemi di orientamento forniti dalla dottrina e dall’addestramento,
            ma  quando  questi  schemi,  non  più  aggiornati  per  la  mancanza  di  “input”,
            cominceranno  a  dimostrarsi  inadeguati,  non  saranno  più  in  grado  di  reagire
            in  modo  appropriato  a  nuove  sollecitazioni.  Al  tempo  stesso  una  qualunque
            organizzazione militare deve essere in grado di resistere a eventuali spinte in
            tal senso facendo leva su connessioni interne ridondanti, possibilità di azione
            diversificate,  buoni  sensori  e  schemi  appropriati.  Una  tale  solidità  può  però
            tradursi in una totale resistenza al cambiamento, minimizzando quella capacità
            di adattamento che, oltre a essere fondamentale nella visione di Boyd, è anche
            l’elemento base di una campagna di controinsurrezione. Come è stato messo in
            rilievo , la risposta all’insorgenza ha come suo elemento costitutivo l’elaborazione
                  4
            di  misure  specifiche,  appropriate  per  il  particolare  contesto  e  studiate  da  un
            lato  per  contenere  e  infine  eliminare  la  minaccia,  dall’altro  per  rafforzare  la
            resilienza delle strutture politiche e sociali sotto attacco. Si tratta quindi di una
            lotta imperniata sulla capacità di elaborare rapidamente sempre nuove tecniche
            di risposta, basate su una conoscenza costantemente aggiornata dello scenario,
            e di metterle in atto in un ambiente intrinsecamente ad alta dinamica ed elevata
            pericolosità  prima  che  l’avversario  possa  capire  come  reagire,  continuando
            poi a modificarle in funzione dei mutamenti di scenario. L’approccio non può
            mai essere di tipo statico, perché il fenomeno sotto osservazione è in continua
            evoluzione, e inoltre la conoscenza della sua natura, momento per momento, è
            alterata dalla stessa percezione dell’osservatore.
               Se  la  capacità  di  adattamento  è  il  fattore  determinante,  e  se  questa  può
            essere  condizionata  da  fattori  interni  all’organizzazione  militare  chiamata
            a  scendere  in  campo,  un  fattore  anch’esso  da  non  trascurare,  in  quanto  ne
            rappresenta la premessa indispensabile, è la cultura organizzativa. Anche questa
            peraltro si modifica nel tempo sulla base di un processo ciclico che, stimolato
            dall’individuazione di specifiche carenze, o dall’insorgere di forti sollecitazioni
            esterne, porta a modificare comportamenti e consuetudini, di solito ma non
            necessariamente  codificate  in  norme  e  procedure,  per  ovviare  alle  carenze
            prestazionali esistenti e massimizzare le possibilità di successo.  Gli eserciti, e più
                                                                     5



            4   D. KILCULLEN, Counterinsurgency, Oxford, Oxford University Press, 2010, p. 2.
            5   J. A. NAGL, Learning to eat soup with a knife. Counterinsurgency lessons from Malaya to Vietnam,
               Chicago, The University of Chicago Press, 2005.


                                                20
   17   18   19   20   21   22   23   24   25   26   27