Page 145 - Adriatico 1848. Ricerca e significato della contrapposizione marittima - Atti 25 settembre 1998
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sente e reagisce di fronte agli eventi presentano analogie o addirittura identità
sconcertanti anche in tempi e circostanze diversissime. C'è un che di costante
nell'essere umano, che giustifica appunto lo studio della storia.
Lo Stato Maggiore sardo mancava certamente di una chiara visione strate-
gica che collocasse in prospettiva unitaria le operazioni navali e quelle terrestri,
facendole concorrere a un comune obiettivo. Non si andava oltre la concezione
di operazioni navali volte a proteggere le coste e i traffici, e si concepiva la guer-
ra in mare come un fatto a se stante. Si giungeva - come dimostrano le istruzio-
ni date all'ammiraglio Albini - a concepire una battaglia decisiva contro la flotta
nemica, ma essenzialmente per mettersi al sicuro clalle sue possibili offese. Non
certo per assicurarsi l'uso ciel mare a scopi offensivi. Per conseguenza non era
neppure molto chiara la valenza politica delle operazioni marittime, sopratutto
dal punto cii vista dell'influsso che potevano esercitare sui rapporti internaziona-
li. Lo si vide in occasione del blocco di Trieste e, in genere, delle operazioni che
coinvolgevano la navigazione mercantile.
La prima seria conseguenza militare di tutto ciò fu l'assoluta impreparazio-
ne a concepire una strategia combinata, che - nella situazione geopolitica cii quel-
la irripetibile primavera - permettesse ~lil'Esercito di creare un seconclo fronte,
mettenclo in crisi l'intera organizzazione militare del nemico.
Se rileggiamo la serrata critica strategica del Pieri nella sua eccellente opera
sulla storia militare del nostro Risorgimento ce ne accorgiamo assai presto (anche
se il Pieri sviluppa la sua analisi da un punto di vista prettamente terrestre). In
quelle prime settimane di guerra le forze del maresciallo Radetzky si trovavano
in grave crisi operativa, logistica e morale: disperse in tanti piccoli presidi spar-
pagliati in mezzo a focolai d'insurrezione (dei quali Milano, Brescia e Venezia era-
no soltanto i principali); le fortezze del Quadrilatero erano scarsamente presidiate
e non approntate a difesa. E infatti, anche ragionando in termini puramente ter-
restri, vi fu qualche generale piemontese che, durante i vari consigli cii guerra te-
nuti da Carlo Alberto, ebbe la lucidità di consigliare una rapida avanzata in profondità
attraverso la Lombardia per isolare il Quadrilatero o addirittura prendere Mantova,
e congiungersi poi con Venezia per farne la base operativa delle ulteriori opera-
zioni. Radetzky sarebbe stato cosÌ costretto ad aprirsi la via della ritirata - am-
messo che avesse il tempo di riorganizzarsi - attraverso il Veneto in rivolta.
L'ultima volta che emersero concetti del genere fu ad aprile, quando ancora le
sorti della guerra non erano affatto compromesse. Non se ne fece nulla a Causa
della totale incapacità dello Stato Maggiore eli ragionare in termini realistici. Al
contrario si accumularono ritardi inconcepibili, a cominciare da quello dovuto al
Re che passò il Ticino nove giorni dopo la dichiarazione di guerra! E si lasciò
all'abile comandante austriaco tutto il tempo per riprendere in mano la situazio-
ne e sfruttare l'insipienza del nemico.
Sarebbe ovviamente occorsa una preparazione di lunga mano, che per-
mettesse di imbarcare un corpo d'esercito prima ancora che le ostilità avessero