Page 47 - Adriatico 1848. Ricerca e significato della contrapposizione marittima - Atti 25 settembre 1998
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LA MARINA VENETA NEL 1848-49 37
E che la notta rimase saldamente in mano austriaca: raggiungeranno Venezia sol-
tanto tre piccole unità dislocate rispettivamente a Rovigno, a SIano e a Lesina,
comandate da tre giovani alfieri di vascello, Carlo Alessandri, Giuseppe Marini e
Luigi Rota (7).
Venne dunque a mancare a Venezia il sostegno di una forte squadra nava-
le, dalla quale avrebbe tratto grande aiuto nella disperata resistenza all'assedio
austriaco. Ma delle risorse che erano rimaste a Venezia, e che non erano del tut-
to trascurabili Coltre ad un gran numero di piccole imbarcazioni, il 22 marzo
c'erano due corvette, la Clemenza e la Lipsia e i due brick Pilade e Delfino (S),
non fu t~ltlo buon uso: al contrario,.in primo luogo, ai vertici erano stati chia-
mati uomini inadatti: Antonio Paolucci, ministro della Marina, "buonissimo uo-
mo, cii cuore eccellente e debolissimo, cii talenti limitati, soverchiamente timido",
Leone Graziani "violento e ostinato" secondo Luigi Fincati, "buon capomastro
degli operai ... ma marinaro dappoco, e peggior soldato" secondo Niccolò
Tommaseo (9\ Agostino Milonopulo, valente matematico e già direttore del Collegio
cii Marina fonclato dall'arciduca Carlo nel 1802, teorico puro senza alcuna attitu-
dine al comando. Oppure cinici attendisti, come il contrammiraglio Giorgio Bua:
il quale, ritornati gli Austriaci, avrà il coraggio di lamentarsi pubblicamente del-
la loro ingratitudine perché, sia come comandante della divisione navale, sia co-
me presidente della commissione di difesa, "aveva saputo impedire che si armasse
la Marina veneta quando l'austriaca, sparpagliata nei porti istriani, poteva esse-
re facilmente battuta". Di questa stessa pasta doveva essere il capitano di cor-
vetta Giovanni Cafnero che dopo la capitolazione diceva a Luigi Fincati, futuro
ammiraglio italiano: "La mia coscienza è tranquilla, dal mio brick non partì un
solo colpo di cannone e il mio equipaggio può testificare ch'io non gli ho mai
scaldato la testa con discorsi" (lO).
Non è da credere, però, che gli ufficiali fossero tutti così, l'ammiraglio Fincati,
pur constatando che pochi avevano fatto il loro dovere, indica tra coloro che,
invece, lo fecero fino in fondo il capitano di fregata Vittorio Zambelli e i capi-
tani di corvetta Annibale Viscovich e Giovanni Sagredo "uomini di animo nobi-
lissimo". Zambelli aveva scritto a Man'in, il lO aprile 1848, offrendosi di andare
in Istria con tre navi, di ricondurre in patria quelle rimaste a Pola e di impa-
dronirsi del vapore austriaco Vulcano e dei piroscafi del Lloyd, così da formare
una forza offensiva e cii togliere di mezzo unità che avrebbero potuto "farsi te-
mibili a Venezia". Era un progetto audacissimo, ma, in un momento difficile per
la monarchia e per la Marina asburgica, avrebbe potuto avere buon successo;
invece l'rullò a Zambelli la nomea di matto (lI). Di fatto, i governanti veneziani,
a cominciare da Manin, uomo coraggioso e geniale ma del tutto digiuno di no-
zioni militari e meno che mai marittime, furono concordi nel sottovalutare l'estre-
ma importanza della Marina. Ne fa fede il rifiuto all'acquisto di naviglio moderno,
che pure era stato proposto in più occasioni: un paio di milioni impiegati
nell'acquisto di piroscafi da guerra nei primi giorni della rivoluzione, quando