Page 46 - Adriatico 1848. Ricerca e significato della contrapposizione marittima - Atti 25 settembre 1998
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36 ALVISE ZORZI
Davanti alla porta di Lepanto, Manin, paclrone ormai clelia situazione, lancia il
grido clelia rivoluzione, "Viva San Marco!" subito ripetuto cla tutti.
La Marina austriaca, nel personale e soprattutto, nei quadri clelia quale l'ele-
mento italiano era predominante ed erano stati largamente presenti ufficiali che
avevano prestato servizio presso la marina della defunta Serenissima, era consi-
derata dalle autorità militari assai poco affidabile, dopo che tre ufficiali, due dei
quali figli di un valoroso i. e r. ammiraglio, avevano fondato e guidato una so-
cietà segreta di ispirazione mazziniana, 1"'Esperia", alla quale, intorno al 1843,
sarebbero stati iscritti "i due terzi" degli altri ufficiali: non per nulla il tenente
maresciallo Zichy, il malcapitato governatore militare sloggiato da Manin il 22
marzo, aveva affermato, assumendo l'incarico ancora nel 1842, che la Marina "non
era austriaca ma italiana" (4). A parte la vicenda dei fratelli Bandiera e dell'''Esperia'',
e della vigilanza speciale alla quale ancora nel 1845 erano sottoposti come so-
spetti aderenti il capitano di fregata Maticola, il tenente di vascello Giacomo Turra,
gli alfieri di vascello Francesco Baldisserotto, Achille Bucchia, Antonio Santini,
Amilcare Mariani, Luigi Fincati e il cappellano Pietro Insom, al vertice stesso del-
la Marina si era trovato a lungo, come vice comandante superiore e poi, per bre-
ve tempo, nel 1847, come comandante, il vice ammiraglio conte Silvestro Dandolo,
della grande stirpe dogale, leale dignitario austriaco, i. e r. consigliere intimo e
cavaliere ciel Toson d'Oro, ma solito rievocare con orgoglio i tempi in cui era
stato uno dei luogotenenti di Angelo Emo e rallegrarsi ciel fatto che, essendo sta-
to in missione, non aveva potuto partecipare alla "vergognosa" seduta dell'abdi-
cazione del Maggior Consiglio, il 12 maggio 1797.
Con queste premesse sarebbe stato più che legittimo pensare che la notta
potesse avere una parte essenziale nella vicenda clelia Repubblica di Manin e
della sua resistenza all'Austria. Non cloveva essere così. Quanclo Manin si impa-
dronisce dell'arsenale, accanto a lui si trovano numerosi ufficiali di marina, al-
cuni vecchi affiliati all'''Esperia'', come Antonio Pau lucci, come Carlo Alberto
Radaelli, come Bucchia e Baldisserotto, altri trascinati clagli avvenimenti, come
Leone Graziani, nominato sui due piedi comandante superiore al posto cii
Mattini, come Giuseppe Marsich, Giorgio Bua e Agostino Milonopulo, creati an-
ch'essi da Manin, per dirla con Niccolò Tommaseo, "ammiragli della flotta che
non c'era" (5). Il grosso clella notta, infatti, non si trovava a Venezia, si trovava a
Pola, agli orclini del capitano cii vascello Buratovich. Nelle ore convulse clella ri-
voluzione, nella notte tra il 22 e il 23 marzo, si era pensato cii inviarle l'orcline
cii trasferirsi a Venezia. Ma, con colpevole leggerezza, invece di incaricare della
missione un ufficiale fidato come Achille Bucchia, che si era offerto volontario,
si era preferito, su parere cii Leone Pincherle, afficlare l'orcline al comandante ciel
piroscafo ciel Lloycl austriaco sul quale si imbarcavano l'ex governatore conte
Palfl'y, che lasciava Venezia, ed il suo séguito. Col risultato che, com'era pre-
veclibile, i passeggeri austriaci costrinsero il comandante a far rotta su Trieste
anziché su 1'ola, e a consegnare il messaggio al tenente maresciallo Giulày (6).