Page 15 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            febbraio 1834. Di certo vi è che Garibaldi non volle rientrare a bordo: pensava di
            essere uno dei tanti disertori della marina sarda, si trovò a sorpresa ad essere uno
            dei tre condannati a morte in contumacia per la cospirazione genovese. Garibaldi
            non se la prese più di tanto: capì che Carlo Alberto aveva voluto dare, con tali
            condanne, un avvertimento privo di un reale effetto concreto. Riprese a navigare
            sotto falso nome, ma il destino gli riservò una nuova sorpresa: il colera impose
            nella primavera-estate del 1835 la quarantena al traffico marittimo tra Marsiglia
            e il Mediterraneo orientale; le uniche rotte praticabili erano quelle atlantiche, in
            quanto, per la durata del viaggio superiore al periodo di incubazione della malat-
            tia, si reputava impossibile l’esportazione del colera nelle Americhe.
               Garibaldi restò inoperoso a Marsiglia, pur prodigandosi in favore degli am-
            malati: ebbe quindi il tempo necessario per leggere i programmi mazziniani della
            Giovine europa e di iscriversi all’organizzazione, vedendosi affidato dall’affi-
            liatore, Luigi Canessa, il compito di andare a Rio de Janeiro, organizzare una
            flottiglia che, alla “universal chiamata” di Mazzini fissata nel corso del 1837,
            ritornasse a combattere nella penisola per l’Unità italiana.
               Ad agosto del 1835, Garibaldi lasciò Marsiglia per Rio de Janeiro, dove arrivò
            alla fine di novembre. La sua missione prevedeva un soggiorno inferiore a due
            anni: in America rimase, come è noto, più di tredici anni. A Rio de Janeiro dovet-
            te ben presto prendere atto che la missione affidatagli non aveva alcuna possibi-
            lità di realizzarsi, sia perché vi erano contrasti tra gli italiani residenti a Rio, sia
            per l’assoluta mancanza di repliche alle lettere inviate a Mazzini.
               Non era tuttavia abitudine di Garibaldi restare con le mani in mano: amava
            leggere e saccheggiò la biblioteca del suo primo protettore a Rio, Grondona, di-
            scusse con lui delle letture fatte (illuministi francesi, ma anche Bolivar, e opere
            sulla lotta degli Stati Uniti per l’indipendenza) e si iscrisse ad una loggia mas-
            sonica, regolare o irregolare che fosse. Fu in seguito, come è noto, corsaro e
            combattente per il Rio Grande do Sul contro l’Impero brasiliano e fu successiva-
            mente difensore di Montevideo contro le volontà annessioniste della Repubblica
            argentina. Fu quindi nei tredici anni che trascorse in America latina che si formò
            culturalmente, politicamente e militarmente: non per stadi successivi, ma in una
            continua commistione di pensiero e azione.
               Dall’esperienza sudamericana Garibaldi trasse un modello operativo che ri-
            tenne sempre il più efficace nel perseguire il fine ultimo a cui si era votato: la
            libertà dei popoli da ogni forma di oppressione. Un primo punto fermo era per
            lui combattere con una precisa legittimazione alle spalle: non volle mai essere un
            pirata o un guerrigliero (l’accostamento con Che Guevara è quindi quanto mai
            impraticabile). Da corsaro volle avere regolari patenti di corsa rilasciate da un
            Governo abilitato ad emetterle, da militare combatté unicamente su incarico di
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