Page 188 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            di lotta non coordinati e per lo più dagli effetti immediati irrilevanti, rappresenta il
            generoso tentativo di modificare dall’interno la struttura della Russia zarista per av-
            vicinarsi al livello delle società europee. Inevitabile dunque la spontanea simpatia per
            Garibaldi e il suo movimento – la camicia rossa era in uso anche presso i contadini
            della Russia meridionale – e dal 1848 in avanti l’esaltazione della figura e dell’opera
            dell’eroe italiano accomuna quasi tutti i ceti sociali sino a raggiungere la forza del
            mito alimentato dagli scritti dei molti esuli russi che entrano in contatto con il Risor-
            gimento italiano comprendendone la sua portata rivoluzionaria come prodotto delle
            idee liberali. Le speranze e le attese per un rinnovamento della vita russa si basano
            anche sulla rappresentazione di quanto avviene in Europa e in Italia e non a caso la
            seconda metà del secolo XIX rappresenta per la Russia un periodo durante il quale
            si tentano riforme di vario genere. Quella maggiormente rappresentativa è costituita
            dall’abolizione della servitù della gleba da parte di Alessandro II nel 1861.
               Si può dunque concludere che nell’ambito europeo Garibaldi non è solo un “mito”
            o una immagine oleografica da celebrare in maniera rituale, quanto piuttosto l’in-
            terprete di un “sistema” di pensiero che travalica i confini della nazione italiana.
            Un personaggio dunque che non può essere ristretto in schemi politici o ideologici;
            decisamente innovatore, capace di immaginare il futuro ma anche ragionevolmente
            mediatore quando si impongono scelte necessarie per raggiungere anche solo una
            parte degli obiettivi prefissati. E questo vale anche nel campo militare – ma è stato
            sottolineato nelle relazioni che mi hanno preceduto – dove le linee tattiche e strategi-
            che rappresentano una sapiente miscela di dottrina tradizionale nella guerra regolare
            con il sapiente uso delle tecniche, quando necessarie, della guerriglia. Un capo mi-
            litare dunque consapevole che lasciava poco o nulla all’improvvisazione contraria-
            mente anche a quanto una vulgata coeva voleva far credere. Indubbiamente Garibaldi
            non godeva e non poteva godere per le sue non nascoste aspirazioni rivoluzionarie,
            anticlericali e massoniche, delle simpatie delle classi dirigenti conservatrici e reazio-
            narie, ma era altresì temuto anche dai suoi potenziali alleati che tendevano piuttosto
            a sfruttare le sue capacità dirompenti e in grado di raggiungere la vittoria da ridi-
            mensionare subito dopo sul piano politico. In fatto di arte militare, ha scritto Oreste
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            Bovio , Garibaldi “sapeva rispettarne sempre i principî basilari perché possedeva le
            migliori qualità del generale: colpo d’occhio, abilità nello sfruttamento del terreno,
            freddezza d’animo, volontà inflessibile, carisma personale. Qualità tutte affinate dalla
            dura esperienza sudamericana e dai lunghi anni di navigazione, tirocinio ideale per
            un comandante incomparabilmente superiore a qualsiasi preparazione scolastica e
            anche a quello studio metodico delle imprese dei grandi capitani che pure Napoleone


            2   O. Bovio, L’arte militare di Garibaldi, in “Atti del Convegno internazionale su ‘Garibaldi
               generale della libertà’, Roma 1982.
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