Page 185 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            genza di libertà e di giustizia e si sia posto anche come combattente al servizio di que-
            ste idee. Indubbiamente il suo ruolo travalica quella che è la semplice realtà italiana e
            la sua azione di intervento là dove si combatte per la libertà crea, intorno a lui e alle
            sue gesta, quel “mito” che manterrà viva la sua figura nel corso dei decenni. Per molti
            aspetti tale mito risulta decisamente più esteso proprio all’interno di quelle élites che
            rappresentano – nei popoli soggetti – l’anelito alla libertà e allo Stato nazionale.
               Uomo di idee, ma soprattutto di ideali da calare nella realtà e da servire con il
            massimo impegno, sino all’ultimo Garibaldi si rivela largamente aperto e sensibile
            ai grandi problemi politici e sociali della sua epoca. Giusto per questo l’aspetto della
            sua complessa personalità che più salta agli occhi è, senza dubbio, il muoversi suo e
            di quanti si definiscono “garibaldini” sulla più ampia arena internazionale, oltre che
            italiana: i problemi di ascesa nazionale e di elevazione sociale dell’Europa, l’esem-
            pio che egli rappresenta, la presenza politica ed anche armata nei problemi nazionali
            della Media Europa e dei Balcani; tutto questo ed altro ancora testimoniano come egli
            sia personaggio di primo piano sulla scena europea.
               In estrema sintesi, si può ricordare come alla difesa della Repubblica romana par-
            tecipino oltre ai volontari provenienti da tutta la penisola, gli emigrati e proscritti giu-
            liani e dalmati, quanti appartengono all’emigrazione centro-europea come magiari e
            polacchi ma anche francesi, inglesi, tedeschi, russi, ecc.
               Le formazioni garibaldine sono varie e composite e la camicia rossa diventa la
            divisa che unisce uomini di varia origine e provenienza, tutti consapevoli di lottare
            con Garibaldi per un ideale comune, quello della libertà, dell’unità e dell’indipenden-
            za nazionali. Per Garibaldi la “redenzione” e la libertà nazionale sono un assoluto,
            secondo l’insegnamento ricevuto da Mazzini, per il quale nessun popolo può ritenersi
            veramente libero se altri sono oppressi, ma da capo militare quale egli è sente tutto
            questo in termini concretamente operativi. Così, sin dal 1859, egli intende fare in
            modo che la presenza in Italia di volontari garibaldini, appartenenti alle varie emigra-
            zioni centro-europee, abbia una contropartita ben precisa ovvero il sostegno a ogni
            popolo oppresso nella lotta contro l’oppressore. Che fosse ampia, corale e vivamen-
            te sentita la presenza europea fra le file dei combattenti con Garibaldi, soprattutto
            nell’impresa meridionale, lo attestano i numeri (tra 2.000 e 2.500 volontari stranieri).
               La guerra del 1859 e, soprattutto, l’impresa dei Mille hanno avuto nella pubblica
            opinione europea e più ampiamente internazionale, ripercussioni vastissime, quali
            neppure si immagina: era l’Italia, un paese e un popolo ben conosciuti per aver dato
            al mondo una grande civiltà artistica, letteraria, religiosa, di cultura ecc., che nel
            breve spazio di un paio di anni giungeva all’unità e all’indipendenza. Come non
            esserne sbalorditi e come non specchiarsi negli avvenimenti italiani, esaltandone i
            protagonisti? I più grandi giornali inglesi, francesi, spagnoli, tedeschi, svizzeri, russi,
            scandinavi, serbi, bulgari, greci, romeni, polacchi, boemi o negli Stati Uniti, sono in
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