Page 187 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            russi e garibaldini internazionalisti italiani e di altre nazionalità, tutti accorsi in aiuto
            degli insorti di Bosnia-Ezegovina nella crisi del 1875-1878. In realtà la prima pre-
            senza dei garibaldini nelle questioni balcaniche data al 1866-1867 con l’insurrezione
            di Creta, dove accorrono oltre duemila volontari comandati dal maggiore Luciano
            Mereu, al quale Garibaldi rivolge una calorosa lettera di plauso da Caprera (9 ottobre
            1866). I garibaldini si segnalano negli scontri del 24 ottobre e di nuovo ai primi del
            1867 una quarantina di toscani partiti da Livorno si fermano a Caprera per imbarcare
            Ricciotti, il figlio di Garibaldi che dal padre ha ricevuto precise istruzioni di non re-
            carsi a Creta ma in Epiro e in Tessaglia. Il notevole afflusso di volontari finisce per
            mettere in difficoltà il governo di Atene – che pure ne aveva necessità per alimentare
            l’insurrezione a Creta e in Epiro – che doveva rispondere alle pressioni delle potenze
            conservatrici, come Inghilterra, Austria e Russia. Trent’anni dopo, nel 1897, i gari-
            baldini intervengono di nuovo in Grecia e questa volta l’atteggiamento delle grandi
            potenze è decisamente mutato a favore della Grecia e contro l’Impero ottomano. La
            legione filellenica internazionale e il Corpo dei volontari garibaldini forte di oltre
            1.300 uomini – in larga parte di nazionalità italiana – al comando di Ricciotti Gari-
            baldi si copre di gloria nella battaglia di Domokòs.
               Dell’intervento in Bosnia si è già detto mentre merita di essere ricordato l’interes-
            se dei garibaldini per la libertà degli albanesi, una delle ultime nazionalità dei Balcani
            a prendere coscienza della necessità di realizzare indipendenza e Stato nazionale.
            Quando sulla fine del XIX secolo il movimento comincia a prendere corpo, rilevante
            è il contributo di quei garibaldini italo-albanesi che avevano combattuto con Gari-
            baldi per l’indipendenza italiana così come i garibaldini saranno presenti nelle due
            guerre balcaniche, la prima soprattutto, che vede i “piccoli” popoli balcanici alleati
            fra di loro contro l’Impero ottomano.
               Sulla diffusione del mito di Garibaldi non si può sottacere il successo che la sua
            figura e la sua opera ebbero nella grande Russia, un mondo apparentemente lonta-
            no. Così non era. Molteplici i fermenti che agitavano dall’interno l’apparente im-
            mobilismo dell’impero degli zar ancora strutturato su base teocratica, cioè senza la
            divisione tra potere religioso e potere politico; con una economia agraria arretrata
            basata ancora sulla servitù della gleba; con la nobiltà e l’alto clero ortodosso alleati
            nel mantenimento dei propri privilegi, ceti parassitari, poco colti dediti soprattutto
            alle congiure di palazzo; una forte lacerazione culturale tra slavofili e occidentalisti;
            con una tradizione di episodiche modernizzazioni – il periodo di Pietro il Grande per
            esempio - alle quali succedono periodi di cupa reazione e repressione grazie anche
            all’onnipresenza della polizia segreta. La Russia zarista dunque un “pianeta” quasi
            sconosciuto e incomprensibile che conosce però nel secolo XIX fermenti che portano
            alla formazione di quel grandioso movimento politico dei populisti russi, espressio-
            ne russa del primo socialismo europeo, il quale, nonostante i fallimenti e i metodi
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