Page 182 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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               È in questo contesto che si formano pensatori, condottieri e movimenti destinati a
            svolgere un ruolo storico che travalica, in qualche caso, l’angusto spazio cronologico
            nel quale operano. È così per Mazzini che incarna prevalentemente l’aspetto specu-
            lativo, per Cavour il politico “professionista” che tra mille difficoltà e compromessi
            realizza l’unificazione, per Garibaldi destinato a far prevalere le sue concrete capacità
            di condottiero e stratega ma anche pronto a ritrarsi dalla scena quando le circostan-
            ze impongono la mediazione politica. In questo senso la figura di Garibaldi, non
            riconducibile a schemi prefissati, si presta a divenire un “mito” condiviso in molte
            parti d’Europa e rappresenta – proprio per la generosità, il disinteresse personale e la
            capacità di intervento dimostrata – una figura che travalica immediatamente l’ambito
            nazionale e si perpetua nei decenni (in qualche caso con rilevanti strumentalizzazioni
            o rilevanti approssimazioni che tendono ad una sua “attualizzazione” priva di ogni
            fondamento scientifico). Garibaldi è innanzi tutto un uomo del suo tempo, che viene
            introdotto alle idee mazziniane nei primi anni Trenta del secolo XIX e che, a mio
            giudizio, rimane sostanzialmente legato a quelle concezioni: non esiste la libertà di
            un popolo se non con quella degli altri popoli fratelli. Il distacco da Mazzini, dunque,
            si produce piuttosto sui metodi da utilizzare per raggiungere l’obiettivo: Garibaldi,
            in altri termini, reagisce a quello che considera un vuoto e inutile insurrezionismo,
            destinato al fallimento, privilegiando piuttosto azioni coordinate e preventivamente
            studiate. In questo senso, per la metodologia utilizzata, Garibaldi è pienamente “mi-
            litare” anche se non proviene dai ranghi e dagli studi delle accademie: a tali qualità
            affianca – e questo è un altro aspetto del “mito” – la capacità di motivare e condurre
            volontari spesso digiuni di addestramento militare. Uomo di idee, ma soprattutto di
            ideali da calare nella realtà e da servire con il massimo impegno, sino all’ultimo
            Garibaldi si rivela largamente aperto e sensibile ai grandi problemi sociali della sua
            epoca. Giusto per questo l’aspetto della sua complessa personalità che più salta agli
            occhi è, senza dubbio, il muoversi suo e di quanti si definiscono “garibaldini” sulla
            più ampia arena internazionale, oltre che italiana: i problemi di ascesa nazionale e di
            elevazione sociale dell’Europa, l’esempio che egli rappresenta, la presenza politica,
            anche armata, nei problemi nazionali della Media Europa e dei Balcani: tutto questo
            e altro ancora testimoniano come egli sia personaggio di primo piano sulla scena del
            continente.
               “La ‘primavera dei popoli’ che sboccia in Europa nel 1848-1849 creando spe-
            ranze di rinascita nazionale ed anche di ascesa sociale fra Polacchi e Italiani, Cechi,
            Serbi, Croati, Bulgari, Magiari e Romeni o fra i primi populisti russi rappresenta in
            un certo modo il prologo della più ampia ‘presenza’ europea di Garibaldi degli anni
            successivi”.
               Ho tratto questa citazione dall’insuperata monografia di Angelo Tamborra, Gari-
            baldi e l’Europa. Impegno militare e prospettive politiche, edita dall’Ufficio Storico
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